La scuola del Meridione, e un buon esempio


Abbiamo appreso, in occasione di un meritato premio, che l’Istituto Tecnologico – ancora a molti noto come il Geometra – e il preside Servello mostrano alta capacità di innovazione; insomma vivono nel 2019. Attenzione, non è un fatto di strumenti, che, bene o male, oggi hanno tutti: è un fatto di saperli usare. E nemmeno è un fatto di somma di bravi insegnanti, che, in percentuale variabile, si trovano anche altrove: è un fatto di organizzazione e di sistema. Così abbiamo appreso che un Istituto il quale pochi anni fa era sull’orlo della chiusura oggi primeggia in Calabria e ha conquistato fama nazionale e oltre.

E altre scuole meridionali? Molte, troppe, sono saldamente ancorate alla monumentale, ma ormai secolare riforma Gentile del 1923; e manco a quella Bottai del 1939, ma a come l’avveniristico Bottai venne gravemente peggiorato da Croce nel 1944: ovvero, siamo alla scuola del pensiero e della teoria.

Siccome non voglio parlare di cose altrui, vi comunico che c’è ancora il collega convinto che se uno sa la grammatica sa anche tradurre dal latino e dal greco; cosa che non risponde minimamente al vero, e chiunque è stato sui banchi di un Liceo Classico lo sa per dolente esperienza diretta. I primi a rendersene conto furono i Greci antichissimi, i quali, di fronte al marasma delle declinazioni (ὄρους, ὅρους), adottarono massicciamente l’articolo, e tanti saluti ai casi.

A chi è del mestiere, l’esempio basti. Ma dove voglio arrivare? Al fatto che la scuola del Sud, detto in generale, è ottima per le esigenze degli anni 1950, poi comincia a fare acqua, e oggi, sempre detto in generale, è obsoleta per programmi e mentalità e metodi e orari eccetera.

È mai possibile che qualcuno, nel 2019, creda ancora all’asino volante e al diploma? Non gliel’hanno detto che nemmeno ai concorsi statali prendono in considerazione i diplomi, anzi manco le lauree? Figuriamoci nel privato.

Eppure non mancano le mamme speranzose che il “pezzo di carta” apra al figliuolo la via del “posto”, bene inteso sotto casa e sotto chioccia.

E invece ci serve una rivoluzione radicale di mentalità, ovvero:

1. Mille volte meglio un ottimo elettricista che uno strascinato professore o medico o avvocato.
2. La scuola deve insegnare; tutto il resto viene da sé.
3. La scuola deve pretendere e bocciare, TAR o non TAR.
4. Urge riscrivere i testi, abolendo ogni riferimento a depressione spacciata per filosofia o critica sociale. Rimettiamo l’Iliade, che dà una formazione robusta e tragica della vita; altro che piagnistei e assistenzialismo!
5. Ci vogliono testi di storia scritti in Italia, e non scopiazzati da Francia e Gran Bretagna, e che dedicano 20 pp. alla Guerra dei Cento anni, e mezza paginetta all’unificazione italiana: controllate, se non è così.
6. Vanno ripensati i contenuti: l’italiano, per esempio, si insegna parlando italiano, e non solo leggendo quando Tizio nacque e morì, ma soprattutto per le barzellette e per “spalanca la finestra”, senza necessariamente dover usare il dialetto. La scuola del Sud, e non solo, ma è Sud è un male endemico, soffre anche di questo.
7. I professori di una materia devono conoscere quella materia: esempio, se tutto il greco è la letteratura senza ombra di aoristi e roba del genere, allora io posso anche insegnare suomi e tai.

Prima di bussare a soldi, il Meridione riconsideri tutto il suo sistema scolastico, senza lacrimatoi e senza inventarsi congiure mondiali contro la Magna Grecia. PS: La Magna Grecia non c’è più da 25 secoli, pari a circa 70 generazioni.

Ulderico Nisticò