Nell’anno 431, Atene mosse guerra preventiva a Sparta; due anni dopo, in città si scatenò la peste (???), portata da una nave dall’Egitto; morirono a migliaia, tra cui lo stesso Pericle, abbandonando Atene alla democrazia effettuale, e, peggio, assembleare. Secondo gli intellettuali buonisti, gli Ateniesi, dopo il guaio, dovevano diventare saggi e miti; e invece non se ne diedero per inteso, e nemmeno della scoppola buscata da Siracusa nel 415, e la guerra finì… beh, s’interruppe nel 402, quando la peste ormai si studiava a scuola come ricordo lontano, e si fermò per tutt’altre cause. Insomma, toglietevi dalla testa che il coronavirus abbia prodotto chissà quali effetti morali e sociali: un bel niente, e oggi, 18 maggio, siamo tutti esattamente come il 7 marzo. Perciò abbiamo urgenza e voglia della ripresa economica eccetera.
Nei giorni della reclusione, io non ho tagliato i capelli e non ho comprato caffè e benzina, etc. Stando alla scienza finanziaria, ho risparmiato dei soldi; stando alla scienza economica, ho causato dei danni a barbiere, bar e benzinai, etc; e quindi a tutta la comunità. A dimostrazione che finanza ed economia non sono affatto sinonimi, anzi spesso sono dei contrari. Ora metterò benzina, prenderò un caffè, taglierò i capelli. Sto anche sognando di rappresentare quanto era previsto per il 5 aprile e per il 4 maggio, e poi impedito dalla bestiaccia. La Compagnia La Chiave guadagnerà i suoi pochissimi soldini, e pagherà un servizio tecnico e la SIAE. Insomma, da domani, e nel suo piccolissimo, farò camminare monete; e, come insegna san Tommaso d’Aquino, la funzione del denaro è nella spesa; e, come cantò Orazio, il taccagno che conserva il vino, poi lo scialacquerà il nipote.
Dal 18 deve tornare a girare l’economia; con qualche rischio, come qualsiasi cosa accada alla vita umana singola e collettiva. Un po’ di sano fatalismo, via!
L’economia è produzione, commercializzazione e consumo, se funziona in modo fisiologico; se soffre di patologie, è un altro discorso. Se funziona bene, qualcuno produce e qualcun altro compra in cambio di beni o servizi, o diretti o rappresentati da denaro.
Ora vi faccio un esempio di patologia: in Calabria ci sono sicuramente più denari venuti da fuori, che beni e servizi prodotti in loco; bisogna invertire tale situazione innaturale, e tornare a produrre, utilizzando le risorse locali, e trasformandole in beni e servizi da consumare o esportare.
Condizione indispensabile è aumentare il numero degli addetti alla produzione e ridurre (azzerare!!!) gli addetti ad attività (o disattività?) non produttive: e questo, in Calabria, è già un bel sommovimento sociale e morale. Come diceva il poeta Maccari, degli anni 1930, “sia fatto arrosto chi si è messo a posto”.
Sotto dunque con agricoltura, allevamento, boschi, sottobosco (nel senso di funghi e mirtilli, non di parassiti a due gambe), pesca, industria (vera!), turismo di ogni genere e non solo breve ammollo a mare, cultura eccetera.
Tirate fuori soldi, a cominciare dai lavori pubblici, e in questi a cominciare dalla Trasversale; fate circolare denaro; sburocratizzate qualsiasi cosa; parlate tutti pochissimo e agite tanto. Gli Spartani, che vinsero la guerra di cui sopra, erano famosi perché parlavano “laconicamente”, ciò due parole. “Vieni e prendi”, rispose Leonida a Serse che gli chiedeva di consegnare le armi. In greco lacedemone, le parole sono due, a scanso di sprechi: μολὼν λαβέ.
Ecco, silenzio tutti, e diamoci da fare. Ed urge perciò una dilagante botta di ottimismo ed entusiasmo, ridendo in faccia a piagnoni e menagramo di professione.
Ulderico Nisticò