La Regione e la lingua italiana


 Apprendo, con interesse, che la Regione Calabria vuole assumere provvedimenti, dopo aver costatato il pessimo risultato dei test invalsi in italiano e matematica. Lascio questa ai colleghi competenti, e ce ne sono, in Calabria; e affronto il tema che, per antica professione e attuale uso, mi è congeniale.

 L’italiano, prima di essere una materia scolastica, è una lingua; prima di studiare in italiano quando nacque Dante Alighieri e che fece, bisogna parlare in italiano; e l’esempio calza, giacché il Sommo c’insegna come si fa a scrivere in italiano sia versi di altissimo stile tragico o profondità teologica, anche che Barbariccia usa per segnale il c*l*, e Taide si graffia con le unghie m***ose, e varie altre parolacce qua e là. Cosa vuol dire ciò? Che la lingua italiana non è scolastica bensì materna, quindi dev’essere sentita e usata nel modo più naturale.

 Fatta questa premessa, non è difficile capire come mai un fanciullo capisca e usi male l’italiano, se gli fanno credere che detta lingua è per la scuola o per la burocrazia, mentre è meglio inveire in dialetto contro l’arbitro in caso di dissenso; niente di più sbagliato, giacché l’italiano possiede una vastissima gamma di improperi e imprecazioni e vituperi e insolenze e ingiurie e turpiloquio, senza bisogno di prestarsi nulla dai dialetti. E si possono raccontare barzellette in italiano, eccetera. L’italiano non è nemmeno una lingua acqua distillata, quindi incolore inodore insapore; come accade di sentire da molte bocche di eruditi, magari eruditissimi, però libreschi, e con i quali è insopportabile dialogare più di cinque minuti.

 Conclusione, l’italiano non è una lingua straniera da imparare a scuola e poi usare all’occorrenza: è la lingua nazionale. I dialetti sono simpatici, e piacciono a tutti; ma sono dialetti, e come tali rispecchiano piccole realtà; e una piccola, piccolissima mentalità, con la quale non si possono esprimere grandi temi di letteratura, filosofia, storia; e, ovviamente, nemmeno matematica e le scienze in genere. Teniamoceli cari, i dialetti, come le bambole della nonna sopra i divani: tutto qui, però.

 Per la stessa ragione, vietiamo per legge regionale i film in dialetto calabrese con sottotitoli; anche perché i sottotitoli sono in stile piattissimo; e i dialetti, un fritto misto di parlate disomogenee.

 Come dunque risolvere il problema dell’invalsi? A scuola si deve parlare in italiano… anche durante la ricreazione e le gite. E su questo lasciatemi esprimere non un solo dubbio.

Ulderico Nisticò