Un report dell’osservatorio nazionale Openpolis, pubblicato nei giorni scorsi, fa capire quanto sia attuale in tutto il Paese la problematica sullo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose, con il primato della Calabria per il maggior numero di comuni interessati. La discussione è tuttora aperta a livello governativo, con ipotesi di riforma della legislazione vigente sulla materia. A focalizzare l’attenzione sull’argomento è ora una tesi di laurea magistrale, discussa qualche giorno fa alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Luigia Sorgiovanni, studentessa di Stilo, ha conseguito la Laurea magistrale, discutendo una tesi proprio sullo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose. Relatore il professore Nicola Gratteri, Procuratore capo della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo calabrese. Il lavoro di Sorgiovanni parte con l’affrontare il delicato tema delle infiltrazioni mafiose e della gestione commissariale degli enti locali sciolti. Ne delinea i complessi rapporti tra il potere mafioso ed il potere politico nella storia d’Italia, nella consapevolezza che solo avendo ben chiara l’evoluzione di tali rapporti è possibile dare un giudizio corretto sul portato normativo della vigente disciplina di contrasto alle infiltrazioni mafiose. Traccia la storia e l’evoluzione del fenomeno partendo dal primo novantennio della storia d’Italia, quando “i rapporti tra potere mafioso e potere politico avvenivano nel quadro di un tacito, quanto sostanziale, riconoscimento reciproco, poiché gli interessi della mafia agricola e della sfera politica erano sostanzialmente compatibili”. Con lo sviluppo del narco-traffico, la mafia non è più, o per lo meno non è più soltanto, un alleato subalterno del “nobilitato politico locale”, ma diventa un soggetto politico autonomo. La nuova “impresa mafiosa”, a partire da quel momento ha una propria autonomia politica che si tipizza in due forme ben precise: l’internalizzazione della rappresentanza politica nei gruppi politici; la costituzione di rapporti di comune interesse economico tra leaders mafiosi, leaders politici e settori consistenti del mondo finanziario nazionale ed internazionale. Appare quindi evidente che il fenomeno delle infiltrazioni mafiose assume, nelle moderne società postindustriali, forme assai eterogenee ed insidiose, in quanto le infiltrazioni mafiose sono difficili da identificare. La tesi di Luigia Sorgiovanni va avanti sull’evoluzione normativa degli strumenti di contrasto alle infiltrazioni mafiose, non trascurando però un approccio critico alle normative che si sono nel tempo susseguite, fino ad analizzare le responsabilità e i limiti della Commissione straordinaria insediatasi nel Comune sciolto, che ha il compito, non facile, di ripristinare la legalità, dando risposte concrete sul versante dei servizi carenti, se non del tutto assenti. Fornisce delle ipotetiche soluzioni, quale quella di prevedere la possibilità di utilizzare professionisti esterni alla Pubblica Amministrazione, almeno per i posti di maggiore responsabilità; maggiore dovrebbe essere l’impegno, anche finanziario, dello Stato per consentire occasioni di sviluppo e di riscatto; in materia di appalti si dovrebbe prevedere l’esclusione delle imprese ritenute, sulla base delle informazioni degli organi di polizia, legate direttamente o anche indirettamente ad organizza zioni criminali. Così facendo, l’azione della Commissione straordinaria sarebbe più incisiva, evitando che l’Ente sciolto possa, nuovamente, essere inquinato dalle organizzazioni malavitose. Andando avanti, il lavoro magistrale di Sorgiovanni scende più sul concreto e analizza le ragioni che hanno portato allo scioglimento di Reggio Calabria, primo comune capoluogo di provincia sciolto per contiguità con organizzazioni mafiose; e del comune di Siderno, in cui viene affrontato lo spinoso problema dei condizionamenti delle ‘ndrine nella scelta dei candidati da presentare e votare. Alla fine, la tesi propone delle possibili modifiche alla vigente disciplina della gestione commissariale degli enti sciolti per infiltrazione mafiose tenendo conto dei limiti e delle criticità della normativa vigente. Le principali proposte sono: aumentare la durata della gestione straordinaria dai 24 mesi (periodo massimo oggi previsto) ad almeno la durata di una intera legislatura, affinché l’attività della Commissione straordinaria possa incidere realmente sul tessuto sociale e sulla macchina amministrativa dell’ente, operando una proficua e duratura attività di eliminazione delle interferenze e contaminazioni mafiose. Le Commissioni straordinarie dovrebbero essere dotate di poteri più incisivi (attualmente devono limitarsi per legge all’ordinaria amministrazione) e di un budget economico adeguato a garantire un’efficace azione di sviluppo economico e sociale dell’ente sciolto per infiltrazioni mafiose.
Francesco Sorgiovanni