Era fine anni ’60 ed inizio ’70 del secolo scorso quando, per la prima volta, sono entrato nella sezione del P.C.I. di Soverato ed è lì che ho conosciuto compagni anziani come Antonio Gallelli, Ciccio Scarfone, Pietro Squillacioti e tanti altri ancora che hanno segnato la mia adolescenza e formazione politica.
Con Pasquale Arena, però, il rapporto è stato particolare, vissuto dentro e fuori la sezione. Sembrava di essere in un collettivo di mutuo soccorso e di spensieratezza, si andava dall’aiutarci reciprocamente per lavori famigliari al fare bellissime gite con mangiate e bevute all’insegna della rivoluzione.
Questo sodalizio è continuato anche dopo lo scioglimento del P.C.I.; ci vedevamo noi tutti, in modo particolare con Pasquale, alla panchina di fronte l’ex cabina telefonica vicino al Miramare. Era lì che si iniziavano lunghe ed interminabili discussioni ed anche racconti di storie vissute. Con l’occasione, ricordo con piacere “mastru Ntoni Suppa, uno dei panchinari di lusso, persona molto fine ed ironica che, come Pasquale, ha deciso di andarsene in silenzio.
Per far capire chi era Pasquale, mi piace ricordare le poche frasi che lo scrittore cileno Sepúlveda scrisse ricordando Che Guevara in occasione del trentesimo anniversario della morte: “…che nonostante le rimostranze degli altri guerriglieri era il primo a combattere e l’ultimo a ricevere le scarse razioni di cibo, che dimenticandosi dell’asma faceva i lavori più pesanti per dare l’esempio..”.
Aggiungo anche che Pasquale potrebbe essere considerato come uno dei protagonisti dell’opera dello scrittore messicano Paco Ignazio Taibo II “Gli arcangeli”, che non erano altro che i tanti “Pasquale” che, nei piccoli centri e periferie, combattono le ingiustizie posizionandosi nelle prime file, a qualsiasi costo, con la prerogativa di rimanere anonimi.
Lettera firmata