La neofobia, e il ponte


 Lezioncina di storia. Nel 1839, Ferdinando II, re del Regno delle Due Sicilie, realizzava la prima ferrovia d’Italia, da Napoli e Portici. Solo dieci anni dopo, il Regno di Sardegna iniziava le ferrovie piemontesi.

 Detto così, sembra quasi una pagina di libro di Pino Aprile e roba simile; se non che, nel 1860, il Piemonte contava più di 900 chilometri di binari, alcuni dei quali, intelligentemente tracciati anche a tale scopo, si resero molto utili nella Seconda guerra d’indipendenza. Il RDS, alla stessa data, annoverava niente di meno che 99 km da Salerno a Capua; e un treno servì a Garibaldi per fare in Napoli un ingresso tutt’altro che trionfale, però comodo: forse aveva un problemino personale in comune con tutti i cavalleggeri, e con Napoleone I.

 Al RDS non mancavano i soldi per fare altri binari. Esportando derrate e qualche altra cosa, importando poco, spendendo pochissimo per lavori e meno per l’esercito e la polizia, aveva denari inutilizzati. Mancavano le idee? Ma no, ne spuntavano come funghi: idee, dico, perché progetto è tutt’altra cosa. E che succedeva? Ce lo spiega il De Cesare: ogni volta che il re annunziava l’intento di una tratta fra Collerosa e Colleverde, subito il sindaco di Colleverde e quello di Collerosa correvano a Napoli a chiedere a Ferdinando un cambio d’idea, affacciando fioritissime e documentatissime opinioni di natura storica, economica, politica, culturale… che in realtà erano far aumentare il valore dei terreni o del sindaco o del cugino; o mettere la stazione sotto casa della zia. Ferdinando II era un sovrano assoluto, e niente gli vietava di sbattere i due sindaci, e le zie, nel più buio carcere del Reame a pane e acqua; e invece dava retta ad entrambi, ed applicava il più meridionale dei metodi, il “poi vediamo”; fu così che morì prima di vedere.

 Passano i secoli e i governi, ed ecco che Pino Soriero non fece la Trasversale, però fece lo svincolo di Argusto, gettando al vento miliardi (per fortuna, erano ancora lire!), e anche di recente a Satriano qualcuno voleva due svincoli a distanza di 500 mt. Trovò un secchissimo no, anche per bocca del sottoscritto a nome del Comitato, giacché – qui parlo solo per me – io non ragiono, io procedo per intuizione.

 E veniamo al ponte. È palese che si sta scatenando un’accuratissima ricerca di ogni pelo nell’uovo; e non ci sono uova senza pelo. Meno male che si vota a giugno, e dopo le elezioni passeranno tante illusioni. Tranquilli, anche quanto fecero le piramidi i Nubiani dell’attuale Sudan protestarono perché i faraoni gli toglievano la visuale del mare Mediterraneo. Ma i faraoni erano famosi per la capacità di fregarsene.

 E c’è una ragione di fondo che ci pervade da almeno tremila anni, a Sud, ed è la neofobia: parola greca formata con νέος (nuovo) e φόβος (paura, o più esattamente avversione); è il rifiuto del nuovo. Il meridionale è intimamente convinto di vivere nel migliore dei mondi possibili: è un mondo immaginario con nonno barone, Magna Grecia, parente importante, sole e mare… ma quasi tutti sono contenti così, e non vogliono minimamente star meglio. “Cu’ dassa la strata vecchia pe’ la nova, sapa chi dassa e non sapa chi trova”: l’avete mai sentito?

 L’ultima è che un gruppetto ha denunziato il governo per ponte abusivo. È una stupidata senza pari, però i denunzianti confidano in qualche sciopero dei cancellieri, o magari in giudici non particolarmente solerti. Insomma, un’applicazione al ponte del “po’ vidimu”, e rinviare il nuovo per qualche altro secolo. Neofobia.

Ulderico Nisticò