La grande fuga dalla Calabria: ogni anno 10.000 emigranti, perlopiù giovani, lasciano la regione in cerca di un futuro


Tra spopolamento, abbandono delle aree interne e invecchiamento della popolazione la proposta di Giovanni Sgrò contro una crisi che sembra inarrestabile 

Ogni anno, secondo recenti medie statistiche, circa 10.000 calabresi lasciano la loro terra, in un esodo costante che sta ridisegnando il volto della regione. Di questi, un terzo parte alla volta di paesi stranieri, mentre due terzi si dirigono verso il Centro-Nord Italia, in cerca di opportunità lavorative che, evidentemente, la Calabria non è in grado di offrire

Il dato più allarmante è che i protagonisti di questo esodo sono soprattutto giovani e persone in età lavorativa. Laureati e diplomati abbandonano la regione in massa, attratti da contesti che offrono prospettive di carriera migliori. Questo ha un impatto devastante sul tessuto sociale ed economico: i piccoli borghi delle aree interne si svuotano, le famiglie si spezzano, e il saldo demografico si inclina verso un progressivo invecchiamento. Oggi, in Calabria, ci sono 175 anziani ogni 100 giovani, un indice che mostra chiaramente come la popolazione attiva stia diminuendo drasticamente.

Le cause di questo fenomeno sono note e semplici, senza bisogno di retorica: la mancanza di opportunità occupazionali e il mancato sviluppo competitivo dei settori che potrebbero rappresentare un traino, come il turismo e l’agricoltura, rendono la Calabria una regione da cui è difficile costruirsi un futuro. La crisi economica, unita a un sistema infrastrutturale carente e a una scarsa valorizzazione delle risorse locali, alimenta il desiderio di partire.

Eppure, di questo tema si parla pochissimo. Nella sfera politica, la questione dello spopolamento e dell’emigrazione viene spesso messa in secondo piano rispetto ad altre priorità. E invece i numeri ci consegnano un quadro preoccupante: una regione che si svuota, che rischia un progressivo abbandono e che, senza interventi concreti, si avvia verso un futuro demograficamente e socialmente impoverito.

In questo contesto di crisi, appare particolarmente valida e promettente la proposta avanzata dall’imprenditore di Soverato Giovanni Sgrò, fondatore del progetto culturale Naturium, di istituire dei “Distretti del Cibo e della Biodiversità” in Calabria. Questi modelli di sviluppo sostenibile, già sperimentati con successo in altre regioni d’Italia, rappresentano un’opportunità capace di “valorizzare le risorse locali, promuovendo al contempo una filiera corta e la salvaguardia del patrimonio ambientale e culturale” come spiegato dallo stesso Sgrò. Iniziative di questo tipo potrebbero contribuire a invertire il trend dello spopolamento, creando nuove opportunità lavorative radicate nel territorio e offrendo ai giovani una ragione per restare. Insistere su tali progetti, piuttosto che attendere passivamente l’inesorabile abbandono della regione, potrebbe rappresentare una via concreta per rilanciare la Calabria e fermare l’emorragia di capitale umano.