L’inverno demografico che sta colpendo il nostro paese si fa sentire più forte soprattutto nel meridione, dove la crisi occupazionale e la fuga di giovani verso il nord o verso l’estero sta indebolendo anno dopo anno il sistema economico.
Un inverno demografico che si fa sentire particolarmente anche nella nostra regione. Stando alle ultime stime, infatti, nel 2070 la Calabria dovrebbe perdere almeno un terzo della popolazione, con un 40% in meno di giovani tra i 18 e i 20 anni, ovvero la generazione di coloro che si affacciano al mondo della formazione universitaria o del lavoro. Uno sbilanciamento generazionale fortissimo che rischia quindi di indebolire ulteriormente il sistema pensionistico della nostra regione, che già risulta agli ultimi posti per quanto riguarda i salari medi italiani, con 26.631 euro e una penultima posizione che la dice lunga sulla situazione economica calabrese.
A peggiorare tutto questo c’è la questioni pensioni, con un saldo negativo di oltre 226 mila unità. In Calabria, infatti ci sono 755 mila pensionati al fronte di 529 mila lavoratori, in un trend che accomuna la Puglia (saldo negativo di 227 mila unità) e la Sicilia (-303 mila persone). Ed è proprio di fronte a questi dati che si deve agire, a livello politico ma anche a livello individuale.
Tra le diverse strade intraprese dai lavoratori italiani che rischiano di non andare mai in pensione o di avere un assegno pensionistico particolarmente basso c’è l’integrazione tra TFR e previdenza complementare. Il Trattamento di Fine Rapporto, infatti, può essere destinato ad un fondo pensionistico, con una serie di vantaggi sia in termini di rendimento sia per quanto riguarda i benefici fiscali. La previdenza complementare e integrativa è infatti in costante crescita nel nostro paese e rappresenta sempre di più un valido investimento, per mettere in sicurezza gli anni della vecchiaia e salvaguardare lo standard di vita proprio e della propria famiglia.
Una strada, questa, che dovrebbe essere finanziata e sostenuta anche dalla politica e, perché no, anche dalle diverse regioni. Come quella della Calabria, ad esempio, dove denatalità, invecchiamento della popolazione e una quota sempre più massiccia di lavoro nero stanno colpendo il tessuto occupazionale e finanziario. La situazione più difficile è quella di Reggio Calabria (225 mila pensionati contro 140 mila occupati), davanti a Cosenza (270 contro 197 mila), Catanzaro (136 conto 107 mila), Crotone (60 mila contro 40 mila) e infine Vibo Valentia (64 mila contro 45 mila). Numeri inquietanti, su cui si deve presto riflettere.