In Italia, solo politica interna


 Vi parlo del MES solo, per ora, allo scopo di ricordare che l’Italia aveva iniziato rifiutando con sdegno il MES, e ieri le hanno detto che o MES o non vede una lira. Come fanno, i forestieri, a imporsi all’Italia? Oh, non perché non abbiamo la bomba atomica (la faremmo in due giorni), e non perché non siamo ricchi (manco gli altri Europei hanno vinto il superenalotto), ma perché tutti al mondo sanno che l’Italia non ha una politica estera, bensì solo e sempre una politica interna anche in politica estera. Gli altri, per tradizione secolare, si scannano al loro interno (il primo re decapitato non fu, come spacciano, Luigi XVI di Francia nel 1793, ma Carlo I d’Inghilterra e Scozia, nel 1649), ma fanno politica estera compatti come una pigna. Così recita un detto inglese: “Right or wrong, my country”, Ragione o torto, è la mia patria. Gli Inglesi, che hanno inventato i partiti in senso moderno, in guerra mettono da parte ogni contrasto ideologico o di altra natura; e, altro detto, “prestano il cervello al governo di Sua Maestà”.

 La storia italiana moderna, lasciando secoli troppo remoti, inizia con Ludovico il Moro (ora dovrei parlarvi di Cicco Simonetta, ma siccome era sì calabrese di Caccuri, tuttavia non morto di fame e analfabeta, la cultura ufficiale calabrese se ne frega, anzi ne ignora l’esistenza nella storia), il quale Ludovico, avendo problemi personali, ruppe dopo mezzo secolo l’alleanza tra Napoli e Milano, e chiamò, nel 1494, il re francese Carlo VIII. Da allora fu un tutti contro tutti, e ognuno a cercarsi uno straniero per offendere il vicino. Alla fine la spuntarono gli Spagnoli, che tennero sotto controllo diretto Sardegna, Sicilia, Napoli e Milano; ma tutti i loro nemici chiamavano, in vario modo, i Francesi. Esempio nostrano: l’assedio di Catanzaro del 1528, vittorioso, fu in difesa di Carlo V d’Asburgo contro un attacco mandato da Francesco I.

 Saltiamo un poco, e veniamo a quelli che, dal 1796 accolsero Napoleone e si fecero intruppare in nominali e parolaie repubbliche sotto occupazione francese; mentre gli antifrancesi e reazionari si facevano assistere da Austria e Gran Bretagna.

 Anche Cavour, del resto, fece venire Napoleone III, sia pure con l’intento di gabbarlo; ottenne le annessioni; dovette però cedere Savoia e Nizza. I Borbone, ridottisi a Dio spiacenti ed ai nimici sui, non avevano alleati e non chiamarono nessuno; e nemmeno fecero da soli.

 Badoglio e gli antifascisti invocarono gli Angloamericani; Togliatti avrebbe preferito i Sovietici, ma glielo impedirono gli accordi di Yalta. Del resto, dopo il 1943, anche i fascisti si misero in mano alla Germania.

 Finita la guerra, e niente Stalin, De Gasperi si collocò con gli USA e il Vaticano, e firmò senza battere ciglio il Trattato di pace del 1947, che cedeva Zara, Fiume, Istria, Venezia Giulia, Trieste e tutte le colonie; e persino alla Francia, due paesi sfuggiti al mercimonio del 1860.

 Gli Italiani provvidero subito a dividersi tra USA e URSS, con qualche furbata filoaraba. Oggi, guarda coincidenza, è l’anniversario della misteriosa uccisione di Moro: cosa io voglia insinuare, è un mistero.

 Con questa atavica debolezza interna, l’Italia è entrata in Europa, e debole rimane; mentre si costituiva una solida intesa “carolingia” tra Francia, Germania, Belgio, Olanda, Lussemburgo; Stati che hanno pure loro le liti interne, però si presentano compatti nelle questioni internazionali europee.

 Nelle altre questioni internazionali, l’Europa in quanto tale non esiste; e Francia e Germania non vogliono affatto che esista. Se vi serve un esempio, affacciatevi da Sciacca, dove si dice che, senza foschia, si veda la Libia, però l’Italia in quella faccenda accumula solo brutte figure.

 È da questo retroterra di sei secoli, che spunta il MES con quello che ne seguirà. E alla fine, lo trangugiano Conte e i 5 stelle (questi certissimi che, se cade il governo e si vota, spariscono tipo regionali Calabria), mentre Berlusconi è contento, e Salvini e la Meloni protestano q. b. come il sale nelle ricette: quanto basta.

Ulderico Nisticò