Ergastolo con 3 anni di isolamento diurno per Salvatore Antonio Figliuzzi; ergastolo per Ilaria Sturiale e 22 anni di carcere per Giuseppe Trapasso. Si è conclusa con queste richieste la requisitoria del sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria Salvatore Rossello nel processo che si sta celebrando davanti alla Corte d’Assise di Palmi per l’omicidio di Agostino Ascone, l’imprenditore agricolo di Amato di Taurianova scomparso nel dicembre 2021 quando, secondo i pm, è rimasto vittima di “lupara bianca”.
Ascone caduto in un tranello di moglie e amante
Il processo nasce da un’inchiesta che quattro mesi dopo il delitto ha portato all’arresto della moglie della vittima, Ilaria Sturiale di 31 anni, dell’amante di lei Salvatore Antonio Figliuzzi (51) e di Giuseppe Trapasso (31), ritenuto complice dei due.
Stando alla ricostruzione dei carabinieri coordinati dal procuratore Giovanni Bombardieri, la Sturiale aveva una relazione con Figliuzzi, già condannato definitivamente per mafia e ritenuto dagli inquirenti un affiliato alla cosca Bellocco di Rosarno. L’imputato era anche il marito della testimone di giustizia Maria Concetta Cacciola, morta nel 2011 per aver ingerito dell’acido.
Il giovane imprenditore, sempre secondo la ricostruzione, sarebbe stato attirato in un tranello con la scusa di aiutare Figliuzzi e Trapasso che avrebbero simulato un guasto all’auto. Da lì, grazie alle telecamere di un ristorante e al sistema gps della sua vettura, gli investigatori hanno ricostruito gli ultimi momenti di vita di Ascone.
La vittima si è allontanata con il proprio mezzo assieme a Figliuzzi in direzione Rosarno dove poi è scomparso nei pressi dell’abitazione dell’esponente della cosca Bellocco che, d’accordo con la moglie della vittima e facendosi aiutare da Trapasso, avrebbe riportato il mezzo nei pressi della casa dell’imprenditore agricolo ad Amato di Taurianova.
Un contributo all’inchiesta, inoltre, lo avrebbero fornito le intercettazioni telefoniche e ambientali. “Ti faccio squagliare nell’acido dai rosarnesi” è la frase con cui Ilaria Sturiale avrebbe minacciato la cognata e i familiari del marito che le chiedevano spiegazioni circa le contraddittorie versioni fornite ai carabinieri sull’ultimo pomeriggio di vita dell’uomo.