Il Teatro Incanto celebra Catanzaro e “U Ciaciu”


Serata densa di emozioni al Comunale venerdì sera. Perché vedere narrata la storia della città, le proprie tradizioni, è come sentirsi tutti un po’ protagonisti.
Tante le sorprese regalate da “Viva Catanzaro”, la commedia scritta e diretta da Francesco Passafaro e portata in scena dal Teatro Incanto.
Due intensi atti che hanno trascinato il pubblico presente in risate e riflessioni.
Sul palco hanno preso vita tanti personaggi significativi per il capoluogo: dal re Italo, da cui venne il nome Italia, antico nome della Calabria, a Ulisse che sarebbe sbarcato sulle coste di Squillace, a Cattaro e Zaro, da cui deriverebbe il nome Catanzaro.

In scena, anche le statue più emblematiche della città , il Cavatore, il generale Stocco e Santa Caterina.
Spazio anche al piatto tipico catanzarese, il morzello, con la narrazione della leggenda della sua nascita per mano di donna Checchina che lo avrebbe inventato nella notte di Natale per soddisfare la fame del figlio che non sapeva come sfamare.
Ma il momento più intenso è stato sicuramente l’interpretazione del Maestro Saverio Rotundo, l’artista dell’abbandono, divenuto un vero e proprio simbolo del capoluogo calabrese.
E proprio “U Ciaciu” è stato spettatore speciale della rappresentazione, seduto in prima, intento e attento a guardare se stesso.
Fantasia, coraggio e volontà sono i tre elementi che hanno caratterizzato la commedia in dialetto catanzarese, musicata dal Maestro Rosario Raffaele.

Tutti bravi ma a spiccare è stata la naturalezza e la giovane età di Mario Scozzafava, 11 anni, che ha dato volto e voce al nipotino del Ciacio.
Gli altri interpreti sono stati, oltre allo stesso Passafaro: Antonio Paonessa, Francesca Guerra, Rossella Rotella, Ines Rubino, Allesia Valia, Marzia Passafaro, Michele Grillone, Stefano Perricelli, Roberto Malta, Elisa Condello.
Senza dimenticare l’audio di Alessandro Passafaro, le luci di Sergio Passafaro e le scenografie di Nello Condello.
“U Ciaciu” saluta, felice del momento che gli è stato regalato, in una città che non lo ha mai celebrato come merita, e pronto a rituffarsi nei suoi ferri vecchi.


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