In ogni paese esiste una società plurale che si differenzia per ricchezza, cultura, ruolo politico e sociale occupato. Quando l’equilibrio tra le diverse classi sociali per ragioni diverse si rompe diventando precario ed instabile, sorgono controversie, attriti ,incomprensioni, ricatti, se non addirittura guerre. I baroni, le famiglie nobili , gli aristocratici, la borghesia agraria hanno cercato di mantenere e perpetuare nel tempo i loro privilegi ed i loro agi spesso scendendo o a compromessi e a patti con il nuovo potere costituito o adeguandosi ai cambiamenti in atto, raramente opponendovisi. Avvenne nei secoli scorsi nel passaggio dal regime borbonico al Regno d’Italia.
“Se vogliamo che tutto rimanga come è ,bisogna che tutto cambi”, è questa la famosa frase pronunciata dal barone di Salina,nel famoso romanzo Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa ,per spiegare il credo e la filosofia di molti nobili, alcuni raffinati, colti, altruisti, altri prepotenti, arroganti, incolti. Successe poi durante il fascismo, che ebbe, superata la diffidenza iniziale, il consenso non solo delle classi meno abbienti ma anche della media ed alta borghesia. In tutti i paesi persone di una certa cultura appartenenti a famiglie benestanti ricoprirono la carica di segretari politici e di podestà. A loro spettava l’amministrazione della cosa pubblica e soprattutto la gestione della macchina organizzativa di indottrinamento politico ed ideologico. Tutti i cittadini dovevano aderire al partito, partecipare agli incontri ed alle adunate che periodicamente venivano indetti in ogni paese ed osservare rigorosamente le disposizioni emanate, anche quelle ritenute più ingiuste e repressive. L’assenza ingiustificata di qualcuno faceva insorgere dubbi sulla sua fedeltà al fascismo.
A Filogaso le famiglie di nobili origini erano i Gagliardi, i Romei ed i Cordopatri. I primi avevano grandi possedimenti ereditati direttamente dai Carafa ( Maria Giuseppa Ruffo Scilla di Calabria aveva sposato Francesco Maria Carafa ; alla morte di Maria Giuseppa i beni furono trasferiti al fratello Francesco e poi in successione ad Antonietta Gurgo sposa in seconde nozze dell’avv. Pasquale Murmura). I secondi erano giunti a Filogaso nel 1400. Il capostipite dei Romei fu Giovanni Andrea, alcuni dei suoi discendenti si trasferirono a Vibo Valentia dove costruirono in Via Cordopatri l’imponente palazzo che porta il loro nome. I baroni Davide e Saverio, il quale acquistò dalla Cassa Sacra dopo il terremoto del 1783 64 tomolate di terreni per 3650 ducati superando e di parecchio il 25 % del totale della superficie consentita , e le nobildonne Clementina e Cristina scelsero di rimanere a Filogaso per gestire il loro ingente latifondo.
Clementina sposò Domenico Teti probabilmente appartenente ad una famiglia benestante del paese. Il cognome è ancora oggi molto diffuso , più della metà delle famiglie, non sempre imparentate tra loro, portano questo cognome. Il marito di Clementina ,Domenico, ricoprì per molti anni la carica di segretario comunale tanto che il consiglio comunale pro tempore nel 1884 adottò una delibera per nominarlo segretario a vita. Dal matrimonio con Clementina nacquero sei figli : tre femmine e tre maschi che ricoprirono importanti ruoli politici e sociali.
Dei tre figli Domenico aveva conseguito il diploma di geometra, Giuseppe la laurea in ingegneria in una università Svizzera, Pasquale la laurea in medicina all’Università di Napoli il 19 Agosto del 1900 ,come si vede nell’allegata foto della bella ed artistica pergamena di laurea. Egli ricoprì a Filogaso per lunghi anni la carica di ufficiale sanitario e medico condotto. Aveva in cura a spese del Comune, che gli corrispondeva uno stipendio annuale di Lire 9000, ben 55 famiglie iscritte nella lista dei poveri. Nonostante fosse apparentemente distaccato dalla politica, ebbe un ruolo determinante per la nomina dei due fratelli a segretari e podestà del fascio grazie alle sue amicizie e conoscenze altolocate. Esercitò la professione per 50 anni. L’Amministrazione Lampasi con delibera del consiglio comunale n° 41 del 16/12/1961 offrì al dottor Pasquale Teti alla fine del suo impegno professionale una pergamena con la seguente motivazione:
“Considerato che questo Dr. Cav. Pasquale Teti ha compiuto il cinquantesimo anno di attività professionale;
Considerato che lo stesso ha prestato servizio alle dipendenze di questo Comune per ben 40 anni in qualità di medico condotto ed Ufficiale sanitario
Considerato che durante la sua carriera ha il sunnominato medico ininterrottamente prestato lodevole servizio, motivo per cui ora questa Amministrazione è venuta nella determinazione di offrire in segno di benevolenza e riconoscenza, una pergamena ricordo;
Considerato, infine, l’esiguità della spesa in cui si dovrà venire incontro;
ad unanimità
DELIBERA
Offrire, per i motivi suddetti di cui in premessa, al Dr. Cav. Pasquale Teti in segno di benevolenza e riconoscenza, una pergamena ricordo. La spesa troverà imputazione al Tit. I Cap.I cat.2 art. 36 “Fondo spese impreviste” ove risultano stanziate e completamente disponibili L. 50.000
Letto confermato e sottoscritto.
L’esercizio del potere ed il predominio culturale generano spesso invidie, gelosie, simpatie ed antipatie, amicizie ed inimicizie. I tre fratelli non ne furono esenti. Anche il rapporto con i cugini Francesco Pasquale, Domenico ed Antonio Murmura non fu idilliaco e risentì di un certo antagonismo per il predomino socio-culturale del paese. Il medico, da pensionato, presumibilmente deluso dal comportamento dei suoi assistiti, rifuggì dalla vita sociale e si ritirò completamente a vita privata per dedicarsi agli studi scientifici, alla lettura (possedeva una ricca biblioteca ereditata dalla famiglia della madre) ed ai suoi hobbies , uno dei quali era l’astrologia. Possedeva un telescopio con il quale si dedicava all’osservazione del firmamento spesso invitava i ragazzi a casa sua per spiegare loro le costellazioni , l’orsa maggiore e le stelle più luminose. Probabilmente i ragazzi oltre che dall’osservazione delle stelle erano attratti dai dolci , preparati dalle due sorelle nubili che vivevano in casa con lui, e che il dottore usava offrire loro. L’altra sorella si era trasferita a Vallelonga paese del marito Eugenio Martino
Nicola Iozzo