Il contagio che non ci si aspetta, l’improvviso ricovero solo grazie a tua moglie che ti vede in affanno, la lunga degenza, curati, anzi coccolati, dai sanitari del “Dea” del Presidio Ospedaliero “Vito Fazzi” di Lecce e del “Galateo” di San Cesario di Lecce del dottore Toraldo Domenico Maurizio, l’ansia e lo stress di una via d’uscita che non si vede e alla fine la fortuna di vedere il sole. Non si può sintetizzare in così poche parole un’esperienza tremenda che cambia la vita se non la spezza, ma può rendere l’idea di ciò che si vive quando si è proiettati nell’incubo “Covid”.
Un’esistenza che si è sempre ritenuta sana, mai un ricovero, farmaci o visite mediche, il contagio al quale ancora troppi si ritengono immuni e senza sapere il come e il perché. Un attimo e ci si trova, increduli, oltre un mese in un letto d’ospedale, perennemente coperto il volto dalla mascherina d’ossigeno se non intubati, flebo attaccata alle braccia, tac ed esami per capire se la polmonite ha un minimo regresso, la speranza dell’esito di un tampone “negativo” disattesa giorno dopo giorno, i compagni di questo viaggio che ti lasciano chi finalmente guarito e chi, purtroppo, sotto un lenzuolo bianco. Ed accanto alla routine delle spasmodiche cure, dei controlli agli orari programmati, tantissimi episodi di solidarietà in quelle corsie d’ospedale, vero calore umano da parte dei tanti sanitari che si avvicendavano durante le trepidanti giornate.
Come l’infermiera Martina che ha comprato un cellulare ad un anziano che dimesso, doveva essere portato ad una casa di riposo per indigenti. Le videotelefonate dagli smartphone degli operatori sanitari quando il tuo non prendeva o si era improvvisamente finito il credito. Ogni richiesta esaudita sol per farci sentire meglio e quasi a casa perché i nostri familiari sono distanti e li possiamo vedere solo dietro il display di un telefonino.
Ed, allora, Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, oggi convalescente, non può che ringraziare quella che è una sanità d’emergenza ma che si è dimostrata di essere d’eccellenza: qui nel profondo Sud, i deficit strutturali sono stati superati da uno sforzo sovraumano di migliaia di operatori sanitari e di una macchina complessiva che si è dimostrata adeguata ad una situazione che chiamarla eccezionale è un eufemismo. Ed ora da casa, col tampone finalmente “negativo” il grazie di vero cuore va a tutti i sanitari del “Dea” del Presidio Ospedaliero “Vito Fazzi” di Lecce e del “Galateo” di San Cesario ma anche alla sanità pugliese che sta salvando, giorno dopo giorno, tante vite umane.