Il movimento No Ponte ricorda Franco Nisticò a 14 anni dalla sua scomparsa


Sono trascorsi 14 anni da quel 19 dicembre del 2009 quando, al termine di un accorato intervento sul palco allestito nella piazza di Cannitello, Franco Nisticò ci lasciava stroncato da un malore.

Era l’ultimo degli interventi conclusivi di una grandissima manifestazione che aveva attraversato le strade di Villa San Giovanni, blindata per l’occasione. E blindata non perché ce ne fosse ragione alcuna, ma solo perché chi ha in mente il saccheggio di questi territori aveva deciso che gli abitanti dello Stretto dovevano aver paura del movimento No Ponte, di chi invece questi territori li vorrebbe difendere.

Chissà cosa penserebbe oggi Franco alla luce della situazione attuale e del quadro sempre più devastante che si profila per la nostra Calabria, destinata al triste ruolo di hub energetico per il resto di Italia e d’Europa, con terreni agricoli trasformati in enormi distese di pannelli fotovoltaici, panorami mozzafiato deturpati da migliaia di pale eoliche e con la volontà di realizzare un rigassificatore, impianto “a rischio di incidente rilevante”, nel Porto di Gioia Tauro.

Chissà cosa penserebbe oggi Franco di un presidente della Regione che dice di non essere fesso quando accetta di distogliere dal Fondo Coesione risorse destinate alla Calabria perché, a suo dire, così ci finanzieranno i lavori per l’autostrada e la SS.106. Come se la Calabria non facesse parte dell’Italia e come se non fosse un nostro diritto avere delle infrastrutture degne di un paese civile.

Ma far passare l’essersi arreso ai ricatti e ai diktat dei partiti nazionali come delle vittorie, cercare di far fessi tutti i calabresi, è strategia cara al nostro Occhiuto, visto che dopo aver avallato l’infame autonomia differenziata, ci disse che così finalmente avremmo potuto definire quei Lep che è la Costituzione a prevedere, non un premio alla furbizia.

E chissà cosa si inventerà per convincerci che le gabbie salariali saranno, se veramente approvate, un premio per i calabresi e non un’ulteriore motivazione da dare ai nostri figli per farli emigrare in cerca di fortuna altrove.
Allora non è vero che “ccà nisciuno è fesso” ma, al contrario, è vero chi ci stanno tanti fessi che continuano a dare credito a chi, in questi 14 anni, ha continuato ad aggravare un quadro già desolante per la nostra Calabria.

Purtroppo, a fronte di questa deriva, non possiamo non denunciare l’incapacità di fare sintesi, di uscire da logiche autoreferenziali, dai particolarismi, che come un virus hanno infettato i movimenti territoriali e sociali della nostra regione.

Così vogliamo ricordare Franco, nella speranza che quelle sue parole oggi possano nuovamente fare breccia nelle menti e nei cuori e avviare una nuova fase di lotta e di riscatto.

“I molti problemi del nostro territorio, come il dissesto idrogeologico, i giovani, il lavoro, non hanno bisogno di divisione, ma hanno bisogno di unità. Dobbiamo lottare con forza e tutti insieme per sconfiggere chi marcia contro. E allora la speranza siamo tutti noi, vecchi e giovani. Per dare insieme una speranza a questa Calabria abbandonata da tutti”.