Il giudice Deioce, re dei Medi; e Giustiniano e Zaleuco


 Così racconta Erodoto. I Medi, versando nel disordine politico, si rivolsero spesso al saggio Deioce, il quale rendeva loro giustizia, e acquistò così grande prestigio. Un giorno però Deioce dichiarò di non poter continuare, dovendo badare ai fatti suoi, e venendo anche minacciato da facinorosi. I Medi, spaventati, lo pagarono e gli fornirono – attenti qui! – un corpo di guardia armato. Come finì forse lo state già capendo: Deioce, con i suoi armati, prese il potere e si proclamò re. Ecco un esempio di come il potere giudiziario possa diventare un potere politico. Anche i capi religiosi e politici degli antichi Ebrei sono chiamati nella Bibbia giudici; e giudice era il titolo ufficiale dei quattro “re” di Sardegna. Interessante, questo caso: l’Impero d’Oriente aveva nominato quattro arconti a governare l’isola; poi non poté più curarsene, e gli arconti, tradotti, dal greco in latino, giudici, divennero ereditari.

Insomma, il confine tra potere esecutivo e potere giudiziario non è sempre così netto come si legge in Montesquieu.

In Italia, è stato varcato, pian piano e quasi inavvertitamente, verso gli anni 1970, quando governi e sindaci salivano e scendevano come niente fosse, inclusi i governi balneari da giugno a settembre. Nel discredito totale che avvolgeva la classe politica, ecco i Deioce, cioè l’idea che il vuoto potesse essere colmato dai giudici. Venne l’ora di tangentopoli, in cui tutti – anche io! – sperammo che i giudici facessero pulizia della corruzione. Corruzione che c’era davvero, anche se alla fine i vari “pool di mani pulite” arrivarono molto raramente a far condannare quelli che tutti sapevano essere colpevoli. Ma i giudici di Milano passavano più tempo in tv e giornali e convegni a scuola che a studiare i casi; e alla fine fecero più danno che utile.

Seguirono alcuni casi di corruzione degli stessi giudici. Infatti, direbbe Giovenale “come si fa a custodire i custodi?”

Seguì una politicizzazione e ideologizzazione evidente. Attenti, non dico che i giudizi ideologizzati siano in mala fede; anzi, e ciò li rende più inquietanti, sono in fede buonissima; e ritengono di far cosa buona e giusta applicando le loro ideologie, e interpretando le leggi invece di applicarle.

Come fanno ad applicare le loro ideologie? Utilizzando, più o meno a piacere, un enorme numero di leggi e leggine sia italiane sia europee sia persino internazionali e mondiali. Già trent’anni fa qualcuno calcolò 150.000 leggi vaganti per l’Italia, moltissime dimenticate, ma di cui, se un giudice vuole, si può sempre ricordare. Chi ha scritto queste leggi? Un potere legislativo – toh, c’è anche quello – ugualmente derivato da debolezza politica e candidature a caso; e, quelle internazionali, allegramente firmate da governi per far la figura dei buonisti.

Per riportare i tre poteri entro i loro limiti, ed evitare i Deioce, serve, urge un Giustiniano, che levò dalle leggi “il troppo e il vano”, cioè leggi ripetute e variate, inapplicabili, e perciò anche facili da aggirare o interpretare. A proposito, lo sapete che Zaleuco di Locri, primo in Occidente a vergare leggi scritte, stabilì che i giudici dovevano sentenziare secondo le leggi, e non ciascuno secondo loro?

Zaleuco, dove sei? Conclusione: i giudici devono rispettare le leggi; però bisogna loro fornire leggi semplici e chiare, e poche. Incluse le fumose convenzioni internazionali e le leggi europee. Vanno tutte riviste, e ridotte a semplici e indiscutibili parole.

Ulderico Nisticò