Qualcuno mi ha chiesto che diamine sia il giansenismo di cui ho detto nel mio pezzo sull’Assunta. Niente male a non sapere e chiedere; il brutto è quando uno non sa e s’ostina. Eccomi.
Iniziamo con un ripasso della dottrina cattolica: Gesù Cristo è Dio e uomo, inscindibilmente; come Dio, la Seconda Persona della SS. Trinità; come uomo, figlio di Maria e concepito per virtù dello Spirito Santo.
Vi faccio notare che sono 27 parole compresi gli articoli; se la definizione comprendesse invece 270 o 2700 parole, sarebbero inevitabili la fantasticheria e l’arrampicamento sui muri lisci per tentare di essere, con sorriso, d’accordo con tutti.
Invece è tutto lì e solo lì. Non possiamo perciò essere d’accordo con le seguenti categorie umane:
- Gli atei tipo Odifreddi, e compresa la buffa categoria degli “atei devoti” tipo la Fallaci o Ferrara;
- I seguaci del giudaismo, i quali, a rigore, non credono nemmeno all’esistenza storica di Gesù; in subordine, lo ritengono, se mai, un falso profeta;
- I musulmani, i quali onorano Gesù come grande profeta precursore di Maometto, però lo ritengono solo un uomo; onorano anche Maria, e Le dedicano molte moschee;
- Gli ariani in tutte le loro varianti, i quali separarono, in Gesù, l’uomo da una presenza divina diciamo così provvisoria; negano perciò che Maria sia theotòkos, Madre di Dio; e che lo stesso morto sulla croce sia Dio, ma solamente l’uomo;
- Gli ariani propriamente detti, i monofisisti e nestoriani, i catari, e, con molte interpretazioni, i protestanti delle molte sette;
- I testimoni di Geova e simili;
- I giansenisti impliciti e impliciti.
Chi sono? In senso stretto, i seguaci del vescovo Jansen, latino Iansenius (Giansenio), il quale, nel libro “Augustinus”, pubblicato postumo nel 1640, e meditando su sant’Agostino, si pone il problema del male. Il santo, dopo lunga meditazione attraverso le eresie, lo aveva risolto in negativo: il male è l’assenza di bene; ma non esiste in sé. Perciò, una volta divenuto cattolico, afferma che chiunque può salvarsi attraverso la Chiesa.
Resta però il problema morale, che domina tutto il pensiero agostiniano, dalle “Confessioni” alla “Città di Dio”; come sia possibile che Dio, sommo bene, permetta nelle anime il male.
Jansen, sia pure in maniera allusiva, giunge all’idea di predestinazione: alcuni uomini sono destinati al bene e alla salvezza; altri, al male e alla dannazione. La dottrina, per quanto possa essere stata elaborata dialetticamente, è palesemente eretica, e venne condannata dalla Chiesa più volte, definitivamente nel 1711 con la bolla papale Unigenitus.
Si era tuttavia molto diffusa negli ambienti intellettuali, e basta il nome di Blaise Pascal e la vicenda dell’abbazia femminile di Port Royal. Non mancarono incidenze politiche, e controversie all’interno delle stesse strutture ecclesiastiche.
Le conseguenze morali del giansenismo sono in una contrapposizione tra bene e male non solo netta e indiscutibile, ma anche visibile. Per non farla lunga, pensate a certi film americani degli anni 1950, in cui lui e lei, se buoni, sono anche belli, ordinati, puliti, benestanti e di lunga vita e nipoti; mentre i cattivi muoiono orrendamente dopo un’esistenza grama e spesso anche povera. Il giansenista, infatti, ignorando se sia predestinato alla dannazione o alla salvezza, osserverà comunque un rigorosissimo comportamento morale e anche estetico.
Esempio scolastico. Il Manzoni, convertito al cattolicesimo dall’agnosticismo, frequentò ambienti intrisi di giansenismo. Nella tragedia “Adelchi” afferma: “non resta che far torto o patirlo”, un’opinione, grazie alla Divina Provvidenza, errata, come mostra tutta la storia del cattolicesimo. Anche negli Sposi Promessi fa morire don Rodrigo in groppa a un cavallo demoniaco, il che, a parte essere pacchiano, lo condanna dritto all’inferno; nei Promessi Sposi si corregge, e il nobilastro muore potendosi pentire, come ogni cristiano.
Anche senza necessariamente dirlo, il giansenista, infatti, teme e odia il mondo, e, con esso, politica poesia arte e ogni umanità. Una chiesa giansenista sarebbe pitturata di bianco ospedale, e priva, memoria dell’iconoclasmo, di immagini; uno scritto giansenista è lindo e ordinato e corretto, e illeggibile per pesantezza e pessimismo.
Come ho scritto l’altra volta, il giansenismo è però sempre in agguato, proprio per il suo fascino nobilitante e per il suo carattere di orgogliosa oligarchia spirituale e luciferina superbia intellettuale. È perdente, però, di fronte alla Fede, e alla Tradizione, e alla devozione popolare, che parlano al corpo e all’anima, e hanno soluzioni per ogni aspetto della vita, inclusa l’arte e la poesia e la politica: nel mondo e non del mondo.
Cristo, che era vero uomo e perciò ben conosceva anche l’umanità aveva risolto la questione con questa lapidaria e spesso scordata sentenza: Non chi grida Signore Signore entrerà nel Regno dei cieli.
Spero di aver spiegato (con in tutto 813 parole) ai lettori curiosi cosa sia il giansenismo, e perché bisogna tenersene lontani. La Fede e la Tradizione cattoliche stanno bene come stanno, e non hanno bisogno di filosofi più o meno tali.
Ulderico Nisticò