Il bergamotto entra a pieno titolo tra l’elenco dei nutraceutici ipolipemizzanti, sia nelle linee guida nazionali che internazionali. Tra i diversi fattori, la riduzione dei livelli di colesterolo totale e delle LDL-c è un importante target per diminuire il rischio di incorrere in una patologia cardiovascolare, la principale causa di morte mondiale e di disabilità nei paesi sviluppati. Un problema sociale, dal grande impatto economico: la spesa del SSN italiano per le terapie ipocolesterolemizzanti ammonta a oltre 1 miliardo all’anno, mentre raggiunge i 15 miliardi di euro per la gestione delle patologie cardiovascolari.
Sulla base dei dati ISTAT, si prevede che nel prossimo futuro l’invecchiamento della popolazione aumenterà la probabilità della loro incidenza e prevalenza; basti pensare che l’aumento dei pazienti cronici ha portato la spesa sanitaria italiana a crescere più rapidamente rispetto al fondo sanitario nazionale (dati DEF 2016). L’integratore alimentare si profila allora come un ottimo candidato da inserire in un quadro strategico di prevenzione primaria, affiancando strumenti come un’alimentazione corretta e l’attività sportiva. Un cambio paradigmatico, quello dalla cura alla prevenzione, ad ampio spettro benefico per i pazienti perché garantisce il mantenimento di uno stile di vita sano e condizioni di salute tali da evitare l’instaurarsi di eventi cronici invalidanti.
Lo scorso anno il 65% della popolazione adulta italiana ha fatto ricorso a un integratore, con oltre i 2/3 dei consumatori che li ha valutati sicuri ed efficaci. Il primo nutraceutico del territorio italiano, il bergamotto è stato inserito nell’area cardiometabolica tra i fattori ipolipemizzanti, grazie al contributo e al lavoro di un grande panel di esperti: in “Lipid lowering nutraceuticals in clinical practice: position paper from an international lipid expert panel” sono stati presi in rassegna gli studi clinici sul bergamotto, evidenziando i suoi effetti ipolipemizzanti nella riduzione dei livelli di sdLDL e dei TG con, elemento di notevole interesse, un aumento significativo dei livelli di HDL-c (il cosiddetto colesterolo buono). Si suggerisce quindi la possibilità di ricorrere al bergamotto nel trattamento di pazienti ipercolesterolemici e/o ipertriglicemici, intolleranti alle statine o con sindrome metabolica.
Alcuni studi si sono interessati anche di valutare la somministrazione dei derivati del bergamotto in associazione alle statine; i risultati positivi hanno dimostrato un’efficacia significativa in termini di riduzione dei livelli di LDL e dei TG. L’assenza di effetti collaterali ha per di più promosso il bergamotto come un valido sostituto in quelle condizioni d‘intolleranza alle statine, o in associazione a quest’ultime per raggiungere il target terapeutico, evitando gli effetti collaterali tipici quali mialgia e l’aumento di PK. Gli effetti benefici del bergamotto, nella riduzione del rischio cardiovascolare, sono stati messi in luce anche nel Position paper (marzo 2018) redatto dall’Associazione FederSalus, principale referente per le organizzazioni istituzionali e commerciali operanti nel settore degli integratori alimentari.
Sono state elencate le proprietà dei flavonoidi del bergamotto, descrivendo le sue potenzialità come candidato nell’approccio nutraceutico. Il documento si rivolge ai medici di medicina generale per supportarli nel loro ruolo, sempre più importante, di guida nel rendere consapevoli i pazienti sul corretto utilizzo degli integratori, soprattutto riguardo questioni delicate e complesse quali sicurezza e qualità. L’integrazione alimentare e la supplementazione evidence-based si posizionano dunque come alleati del medico, nella strategia di prevenzione primaria, inserendosi in un modello di stile di vita volto al benessere e al suo mantenimento nel lungo termine, ma anche come strumento d’intervento che permette il contenimento della spesa del Sistema Sanitario Nazionale.
Alessia Doria