Il 78,3% delle abitazioni residenziali italiane sono in zona sismica. Secondo il censimento 2011 dell’Istat, il 5,6% delle case sono nella zona 1, la più pericolosa (9% del territorio), pari a quasi 1,9 milioni di abitazioni. Nella zona sismica 2 (la più ampia per espansione, pari al 35,2% del territorio) si trova il 32% delle abitazioni. Nella zona sismica 3 (pari al 32,7% del territorio italiano) ricade il 40,7% delle abitazioni.
Secondo quanto rilevato dall’Istat, oltre la metà (52,5%) delle abitazioni della zona 1 è stata costruita prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica (ovvero prima del 1971). Il 77,1% di tali edifici ha una struttura portante in muratura e solo il 13,5% in cemento armato.
Nella zona 2, il 52% delle abitazioni risale a prima del 1971; la quota di edifici con struttura portante in cemento armato è del 16,2% Nella zona sismica 3, il 55% delle abitazioni è costruita anteriormente al 1971 e circa il 16% ha una struttura in cemento armato. La quota di zona sismica 1 è più elevata in Calabria (50% circa), in Abruzzo (33%), in Basilicata, Campania, Molise e Umbria (tra il 20 e il 30%).
La porzione di territorio occupata da comuni in zona sismica 2 è pari al 35,2% e include altre 4 regioni (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana).
La zona sismica 3 è presente in tutte le regioni ad eccezione della Calabria (il cui territorio appartiene interamente alle prime due zone) e della Sardegna, interamente situata in zona 4.