“Avrete sempre i poveri in mezzo a voi”, avvertì Cristo quando la donna gli unse i piedi con un balsamo prezioso, e Giuda invece voleva venderlo e distribuirlo: a parte che, essendo Dio, ma anche uomo saggio, sapeva benissimo, Cristo, che Giuda ci voleva fare la cresta sopra.
L’affermazione evangelica è intrisa di realismo. Ci sarà sempre, anche nella più opulenta delle società moderne, una percentuale di emarginazione economica, sociale, spirituale; e tutto quello che si può fare è ridurla al minimo, non sperare di eliminarla. Le cause dell’indigenza, detto in generale, sono politiche e finanziarie, ma, almeno per parte dei poveri, sono anche di personale incapacità, o anche di non volontà di inserirsi in un sistema produttivo.
Per ridurre al minimo realistico la povertà, qualcuno ogni tanto propone scorciatoie che, a dirla così, paiono facili e nobili; e che, alla prova dei fatti, scatenano disastri. Facciamo un esempio paradossale.
Lo Stato, colto da un raptus di buonismo, decide di regalare i Bronzi A e B a due famiglie poverissime; a due soltanto, perché i Bronzi sono due, e non si possono fare a pezzi.
La famiglia X si vedrebbe consegnare una statua gigantesca, che occuperebbe gran parte della piccolissima casetta, dove già la famiglia si rigira a stento. La famiglia X si troverebbe nominalmente ricchissima, in quanto proprietaria di un bene inestimabile; ma continuerebbe a non avere da mangiare. Potrebbe far pagare un biglietto per la visita, ma i turisti dovrebbero entrare uno alla volta, restarci mezzo minuto, e uscire per far posto ad altri turisti; mentre la famiglia, per fare spazio, vivrebbe all’aperto. Insomma, non si può.
La famiglia Y, invece, più furba, venderebbe il suo Bronzo per un miliardo di euro. A chi? Beh, indirebbe un’asta, la quale, ovviamente, andrebbe deserta la prima, la seconda, la centesima volta, finché il primo petroliere arabo non glielo pagherebbe diecimila euro a rate. Intanto che passano le cento aste, la famiglia Y è defunta d’inedia.
Fatemi giocare ancora: se una terza famiglia misera ricevesse in dono la famosa saliera del Cellini, possiederebbe sì uno dei beni culturali più belli e preziosi al mondo, ma non avrebbe i soldi per metterci il sale; e giù con il petroliere!
Scherzo? No, successero molte volte cose simili: per quel che riguarda la Calabria, quando, dopo il sisma del 1783, misero in vendita le terre ecclesiastiche (Cassa Sacra), se le comprarono per due soldi pochissimi furbetti, villani arricchiti poi spacciatisi per nobili delle Crociate.
Conclusione: il solo modo per soccorrere i poveri è tentare che smettano di essere poveri, e ciò si ottiene non vedendosi piovere dal cielo saliere e statue, ma procurando loro lavoro e reddito.
Ovvero, e con buona pace dei socialisti utopisti e di altri utopisti non esiste da nessuna parte una ricchezza nascosta dai cattivi, e da scoprire e distribuire, ma i beni devono essere prodotti, prima di venire distribuiti in qualche modo. E come? Ma in parti eque, non uguali.
E qui interviene la Dottrina economica di san Tommaso d’Aquino, quella dello iustum pretium. Gratis, niente a nessuno (tranne malati e minorati veri); ma tutto quello che si ottiene, e tutto il lavoro necessario, devono avere un prezzo, il prezzo giusto, il prezzo equo.
Gratis, niente: il gratis è comodo, diseducante, è immorale; e, peggio, crea dipendenza come la droga. I clientes dei ricchi romani, che ogni mattina andavano a salutare il patronus e ricevevano in cambio la sportula dei viveri, erano degli schiavi di se stessi, non del patrono; schiavi della comodità, della pigrizia, della devirilizzazione morale e fisica.
E chi l’ha detto, poi, che lavorare è una disgrazia? Se mai, lo è annoiarsi a morte stando con le mani in mano! E ce ne sono, soprattutto nel Meridione, che in questa disgrazia di non far nulla hanno trascorso l’intera vita!
Dall’altro canto, la comunità, e la sua forma politica che è lo Stato, si devono far carico di assicurare lavoro e giustizia.
Per concludere, leggete con intelligenza i Vangeli, e incontrerete solo lavoratori, e di ogni condizione: s. Giuseppe, apprezzato artigiano; Maria, buona massaia; pescatori proprietari di barche; esattori delle imposte; ricchi contadini e seminatori; pastori; soldati; funzionari dello Stato romano e delle strutture locali giudaiche… ci sono alcuni ammalati e invalidi e lebbrosi, ma non sta scritto che sono anche finanziariamente poveri.
Tornando indietro nei Sacri Testi, ecco l’ordine che Dio impartisce ad Adamo, agli albori della storia: “Ti guadagnerai il pane con il sudore della fronte”. E il pane guadagnato sudando, è più buono.
Questa, in sintesi, è la Dottrina cattolica sull’economia e sul lavoro. Chi non fosse d’accordo e volesse polemizzare, è pregato di utilizzare argomenti, e non ingiurie generiche; a parte che non mi farebbe manco il solletico.
Ulderico Nisticò