I nomi delle strade e altri pubblici luoghi


A Roma intitolano una via a Giorgio Almirante, e immagino già sarde e sardine e sardelle, e pronipoti di più o meno genuini partigiani… Almirante, infatti, fu capo di gabinetto del Ministero della Cultura della Repubblica Sociale; e poi, esponente e segretario del Movimento Sociale Italiano. Se qualcuno vuole fare il politicamente corretto, ce n’è abbastanza per vietare l’intitolazione.

Sì, però Togliatti fu il numero tre del comunismo internazionale quando uno era Stalin, e perfettamente d’accordo con l’invasione russa dell’Ungheria…
E Pietro Nenni venne insignito del Premio Lenin.
E De Gasperi, prima che ministro italiano, fu deputato austriaco in guerra contro l’Italia.

E non parliamo di un visibilio di capitani di ventura, uno più tagliagole a pagamento dell’altro, tipo Alberico da Barbiano, Braccio da Montone, Muzio A. e Francesco Sforza, Giovanni delle Bande Nere…
Insomma, se esprimiamo giudizi morali e politici, la sola cui possiamo intitolare una via è la Vispa Teresa… a parte le versioni goliardiche in cui “soffriva e s’offriva”; quindi manco a lei.

Che poi, i giudizi politici e morali sono mutevoli; e un illustre cittadino X magari qualche anno dopo si scopre, o si pensa fosse un mascalzone, e viceversa per X. E ciò secondo gli umori e le ideologie di turno.

La nostra città di Soverato è un palese esempio di toponomastica selvatica, con evidente assenza di una linea, e tanto meno di un’autorità culturale; e figuratevi di una commissione. Ci provò Gianni Calabretta, ma i risultati furono tra grotteschi e umoristici.

La strada più lunga e abitata è intitolata a un sant’uomo il quale, anche ammesso sia nato a Soverato e non a Cardinale, con Soverato nulla ebbe mai a che vedere. Fra Giacomo, figura di grande rilievo, ha una viuzza sconosciuta; e Cassiodoro, una sbiadita targa senza abitanti. Molti illustri calabresi sono assenti. Illustri davvero, voglio dire, non roba da giornali.

Negli anni 1970, mai troppo deprecati, i partiti dell’arco costituzionale (e non) lottizzavano anche le vie: e spuntarono un tale Amendola, e un tale Guarasci ebbe una via e un liceo: fu presidente della Regione, un’attività che dovrebbe solo suscitare vergogna, in una Calabria che la terzultima su 360 regioni d’Europa.

E non scordiamo le numerose autointitolazioni.
È ora di stabilire, a Soverato come altrove, un principio: quello della reale rilevanza o in assoluto (Dante) o di valore nazionale (Vico) o di effettiva importanza cittadina.

Bisognerebbe, dovunque, rispettare la legge del 1927, e mai intitolare prima dei dieci anni dalla morte. Se dopo dieci anni ci si ricorda ancora del celebrando, vuol dire che contava. O, se nel frattempo non emerge…

Legge del 1927, legge fascista, seria! Eh, ma in questo il regime predico bene e razzolò malissimo, con vie e altro dedicati a fascisti morti di fresco… che nel 1943 dovettero disintitolare. Ci vuole prudenza, ragazzi, perché la politica passa e le mode pure, ma le strade e le piazze restano.

Ulderico Nisticò