“Pochi negozi aperti di sera”, leggiamo. L’osservazione è genuina, e basta un’occhiata a confermarlo: il corso, dopo le 20.30, è un buio deserto con qualche rara illuminata eccezione. Qui e lì qualche coraggioso alza la saracinesca anche tardi, ma è un caso sporadico. Come mai?
È ovvio, penso io: non sono gli orari che fanno il commercio, è il commercio che fa gli orari, e, in generale, determina la fortuna o meno di un esercizio, e perciò la voglia di darsi da fare. Analizziamo la situazione come la vedo io:
- Alcuni esercizi non hanno quasi nessuna possibilità di vendere in notturna: supermercati di alimentari e casalinghi; giornali e cartolerie; elettronica ed elettrodomestici, ferramenta…
- Potrebbe aver miglior sorte un eventuale negozio di alimentari di particolare livello, da cene speciali: se fossero uno o due, però; e così un esercizio di regali, ceramiche, e quei ninnoli che piacciono ai turisti;
- Le librerie di qualità, magari, possono trovare insonni lettori, se organizzano manifestazioni di buon livello; così le gioiellerie e simili;
- L’abbigliamento, che non ha alcuna speranza di attrarre clienti nel cuore del caldo pomeridiano e quando la gente è al mare, potrebbe interessare nelle ore più fresche e in cui ci cerca anche come passare il tempo: sì, ma a condizione che la sua merce sia migliore di quella del mercatino, e a prezzi giusti. E non è il nostro caso.
Ma perché a Soverato sono pochissimi, di qualsiasi tipologia, a tenere aperto il negozio di sera tardi? A me pare ovvio: perché non vendono. Se vendessero, state certi che aprirebbero anche da mezzanotte all’alba.
E perché non vendono? Per questi tre motivi:
- Soverato non è più, e da molti anni, l’unica realtà commerciale del territorio; e basta, per costatarlo, una passeggiata a Davoli o a Montepaone, per non dire dei grandi complessi di commercio integrato, ormai raggiungibili in pochi minuti e facilità di parcheggio;
- Soverato è il comune a più alta densità di anziani – me incluso – del territorio: e non sono certo gli anziani quelli più propensi a spendere, anche ammesso che possano;
- Il turismo è da parecchi anni un turismo povero; se vogliamo dirlo turismo o non piuttosto quello che è, flusso. Il turista povero non compra neanche di giorno; e figuratevi di notte.
Turismo povero: in tutto, ci sono 380 posti letto più qualche B&B, e almeno 50 sono di un albergo praticamente chiuso, e siamo a 330; e un altro albergo si è trovato il posto fisso per dieci mesi e mezzo. Ecco cos’è un turismo povero, che si arrangia.
Aggiungete problemi diciamo così organizzativi: per aperture straordinarie, bisognerebbe pagare di più il personale. E qui stendo un velo, anzi un coltrone pietoso.
L’attuale situazione del commercio a Soverato non comporta, dunque, l’esigenza di aperture straordinarie, e avviene ciò con vaghe eccezioni. Bisognerebbe riconsiderarla profondamente, con l’estinzione di esercizi inutili e ripetitivi e di bassa qualità; e miglioramento dell’offerta.
Corollario: l’offerta migliora non solo e non tanto quando migliora la merce, quanto se migliora la competenza di chi vende. Commerciante non è chi vende quello che trova in scansia, ma chi, con analisi di mercato, sa cosa vendere, si aggiorna, e, in vario modo, viene incontro alle esigenze del cliente attuale o potenziale.
Riassunto: se i negozi non aprono fuori orario, è perché non vendono; e, restando chiusi, risparmiano la luce.
Ulderico Nisticò