I Gladiatori “infamis” al tempo dei like


L’importanza dell’esempio da parte di noi genitori, cosa siamo e cosa vogliamo trasmettere ai nostri figli e agli altri sarà sempre il risultato che verrà restituito alla quotidianità e al nostro stesso equilibrio esistenziale.

Il maledetto incidente costato la vita al piccolo Samuel poteva verificarsi indifferentemente schiantandosi contro un muro o con all’interno i propri cari, per la cultura dello YouTuber il risultato non cambiava.

Alla follia di rincorrere i like e di essere commentati nei canali social si arriva superando qualsiasi freno morale, non esiste il sentimento della paura o della vergogna, non esiste il limite del rischio di perdere la vita.

La benzina che alimenta questa schizofrenia mi fa’ inorridite e penso che delle responsabilità li ha anche chi mette i like dando così benzina sul fuoco un fuoco alimentato dal desiderio non represso che alberga dentro di noi che vuole assistere al pericolo all’estremo all’orrido.

E come nell’antichità facevano i gladiatori romani, cioè i combattenti con la spada romana “gladius”, erano solitamente prigionieri di guerra, schiavi o condannati a morte, ma talvolta anche uomini liberi, magari oberati di debiti, oppure attratti dalle ricompense e dalla gloria.

E così ricercati, disperati e gente in cerca di fortuna, chiunque scegliesse di diventare gladiatore automaticamente veniva considerato “infamis” per la legge, in quanto si associava a un mondo di bassifondi e di reietti, ma se aveva successo non era più un infame ma un eroe, invitato a tutti i banchetti, adorato dalle donne, carico di ricompense e doni, e pagato più di un generale dell’esercito.

Ecco, oggi questi youtuber in cerca di fortuna sono gli “infamis”moderni, certo mi riferisco a questi modelli estremi e pericolosi non certo a chi produce contenuti di qualità. Moltissimi hanno successo producendo contenuti di qualità.

Prendiamoci un po’ di responsabilità tutti, perché stiamo alimentando modelli “gonfiati” illudendo molti giovani sempre più in cerca di un proprio spazio di gloria nella scenografia della vita.

Giovanni Sgrò