Guerre di religione in Palestina


Lo dicono non giornalisti e opinionisti, lo dicono i militari israeliani, gente proverbialmente disincantata e con i piedi saldamente per terra: il conflitto che minaccia di divampare da Gerusalemme alla Palestina e oltre assume sempre di più il carattere di una guerra di religione. In Occidente, nel laico e mezzo ateo Occidente, nel dialogante Occidente pare un’eresia, e certo è politicamente scorretto; nell’Occidente il quale ormai ritiene, e solo superficialmente, che la religione sia un fatto privato, anzi una specie di afflato buonista e senza ombra di metafisica.
Ci può essere una guerra di religione? Ovvio che sì, e chiunque abbia un minimo di sensibilità antropologica, non se ne meraviglia, anzi si stupisce a sentire che qualcuno vada in guerra “per ragioni economiche”. Per ragioni economiche si va al mercato, si contratta, ci si mette d’accordo o meno… non si brandiscono le armi; e nessuno muore per soldi che, se morto, non potrebbe godere.

Tanto meno vale la bufala che i potenti e ricchi mandino a morire i poveracci: ci vorrebbero cento articoli solo per elencare i ricchi e potenti che morirono in guerra, da Federico Barbarossa, a Carlo il Temerario, alla più alta nobiltà francese sterminata dagli archi inglesi, a Luigi II d’Ungheria, ad Alì ucciso personalmente da don Giovanni d’Austria, a Nelson, a quel generale britannico Picton che cadde a Waterloo vestito da ballo, perché, in ferie, non aveva divisa…
È obbligatorio, anche in bocca ai cattolici, il mantra sulle Crociate “economiche”; e invece prima partirono i pellegrini, poi i cavalieri poveri, e solo nella Terza compaiono i re. Studiate la storia, accidenti! E invece, anche i cattolici devono ripetere a memoria la spiegazione marxista (attenti, nemmeno dignitosamente marxiana) in versione don Milani. Non è così: gli uomini combattono e muoiono e amano e odiano e sperano e piangono per ragioni spirituali; e siccome siamo fatti di anima e di corpo, intervengono altri fattori.

Se la questione palestinese fosse solo economica… via, tutti gli Arabi di Gerusalemme, Cisgiordania e Gaza non arrivano a due milioni; basterebbe uno stipendio a testa, un posto fisso in qualche ente assistenziale… E invece stanno uccidendo e morendo per la Spianata delle moschee, cioè per la religione. Perciò, avvertono i generali, la situazione è pericolosa. Loro lo sanno che nessuno muore e uccide per un posto di bidello; ma per una moschea, sì; o per una donna; o per un mito; o per un’ira… Ne ha mandati a morire e uccidere più Fichte della Borsa di Londra!
Attenzione: si può fare qualcosa per fermare chi voglia uccidere, ma niente per fermare chi voglia morire per quella che ritiene una motivazione superiore alla vita fisica. È l’Occidente piccolo borghese che mette sempre al primo… no, all’unico posto la vita fisica, sebbene palesemente molto noiosa e grigia: generazione Bataclan.
Per quanto precede, urge una soluzione seria del problema palestinese. Seria: “cum parole”, insegna il Machiavelli, “non si mantengono li stati”, e tanto meno si fa una pace. Servono:
a. Dei mediatori autorevoli e onesti. Studiate alcuni celebri esempi: Congresso di Berlino del 1878, Conferenza del Congo del 1881, Convegno di Monaco del 1938, Arbitrati italotedeschi tra Ungheria e Slovacchia e tra Ungheria e Romania… Oggi i vari presidenti degli USA hanno fallito perché sfacciatamente filoisraeliani; e l’Europa conta quanto il due di coppe quando la briscola è a spade.
b. Equidistanza dei mediatori. I due contendenti, Arabi e Israeliani, hanno entrambi, dal 1947 (dal 1929, per l’esattezza), un mare di torti e quasi nessunissima ragione. La soluzione è affermare tali torti, e smetterla con ogni forma di propaganda pro e contro, ivi compresi libri film canzoni. Come disse mezzo secolo fa De Gaulle, il mondo non vuole disastri per otto milioni di litiganti.
c. Uso intelligente dei rubinetti finanziari. Senza sussidi vari, gli Arabi resistono una settimana, gli Israeliani, che sono messi un po’ meglio, resistono un mese. Ergo, si dovranno arrendere alla ragionevolezza. Per molto meno, abbiamo inferto sanzioni alla Russia, con nostro grande danno; applichiamo sanzioni a Israele e Palestinesi, e vedrete.

Ulderico Nisticò


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