Uomini che devono e vogliono compiere il proprio dovere, e sono disposti a farlo anche a costo della vita. “Giovanni e Paolo – Gli antieroi”, mostra il lato più umano dei due giudici che hanno fatto la storia d’Italia, Falcone e Borsellino. Il pubblico dell’Auditorium Casa della Pace “Angelo Frammartino” di Caulonia, dove ieri è andato in scena lo spettacolo del Teatro Incanto per la rassegna teatrale di AMA Calabria, ha mostrato di aver apprezzato l’opera con un lungo applauso finale, che è servito a mantenere viva la memoria dei due uomini che hanno rivoluzionato la giustizia italiana. L’evento è stato finanziato con risorse PSC Piano di Sviluppo e Coesione 6.02.02 erogate ad esito dell’Avviso “per il finanziamento di Programmi di Distribuzione Teatrale” dalla Regione Calabria – Dipartimento Istruzione Formazione – Settore Cultura”.
Il tempo che scorre è il punto focale attorno cui ruota l’intera messa in scena. È il tempo che ci permette di viaggiare tra il passato e il futuro, ancora sconosciuto ai due protagonisti, e perfettamente coordinato dalla particolare regia di Francesco Passafaro, che ha anche scritto il testo teatrale. Sullo sfondo, all’inizio, passano le immagini dell’attentato alle Torri Gemelle, l’11 settembre 2001, profilando un nesso tra quell’evento e i due giudici, che verrà chiarito più avanti nello spettacolo.
Giovanni e Paolo si muovono in una scenografia essenziale, fatta da due scrivanie piene di scartoffie, bicchieri di caffè vuoti e mozziconi di sigaretta, oltre ad una fotocopiatrice che non funziona. Sono all’Asinara, in Sardegna, completamente soli. Sembrano quasi esiliati, mentre lavorano su un’impresa che nessuno prima di quel momento aveva osato mettere in atto. Il maxi processo, ai due uomini, sembra un’impresa impossibile. Nelle parole del pragmatico Paolo Borsellino e del Giovanni Falcone sempre attento ai fatti, si percepisce come non vi siano ricerche di gloria nelle loro azioni, ma solo un profondo senso del dovere. Coloro che noi definiamo eroi per aver sacrificato la loro vita, sono uomini che hanno preso sul serio il loro lavoro.
Impresa non facile, riuscire a portare in scena due uomini di cui pensiamo di conoscere tutto. Roberto Malta (Borsellino) e Francesco Passafaro (Falcone), con le loro interpretazioni intense ed autentiche, riescono a particolareggiare gli uomini, i personaggi, offrendo un punto di vista più umano, fatto di timori e determinazione, di sfiducia e speranza al contempo. Terzo elemento che porta scompiglio all’interno di quella stanzetta dell’Asinara è Marta, ruolo affidato alla magnetica attrice Francesca Guerra, abile nel portare in scena una figura misteriosa che pronuncia parole sibilline.
È lei che conduce i due protagonisti in un viaggio enigmatico lungo il loro futuro più prossimo. Marta rappresenta, dopotutto, anche gli spettatori che, come lei, conoscono bene l’epilogo destinato a Giovanni e Paolo. È sempre lei che svela come Falcone e Borsellino siano le Torri Gemelle italiane. Il simbolo del nostro Paese, coraggiosi e addirittura testardi, sgretolati da forze maggiori, ma mai dimenticati.
Eroi indiscussi ai nostri occhi, Giovanni e Paolo rispondono con un secco “no”, quando Marta offre loro la possibilità di conoscere il futuro e, di conseguenza, sapere se è il caso di procedere in quella strada letale della lotta alla mafia, o se è meglio fermarsi per godere felici della propria vita. Eroi indiscussi ai nostri occhi, Giovanni e Paolo rispondono con un secco “no”, quando Marta offre loro la possibilità di conoscere il futuro e, di conseguenza, sapere se è il caso di procedere in quella strada letale della lotta alla mafia, o se è meglio fermarsi per godere felici della propria vita. Un finale che ha riportato alla mente le immagini, ben conosciute, delle stragi in cui sono state vittime i due magistrati e che ha suscitato commozione nel pubblico, lasciatosi andare ad un lungo applauso. Il giusto tributo alla memoria dei due uomini che hanno rivoluzionato la giustizia italiana.