Fini avrà sbagliato qualcosa, ma in sostanza è incappato in una trappola giudiziaria tipica di un sistema guasto e perciò zeppo di leggi e leggine; e in una condanna di quelle a metà e quasi senza effetto. Attenti, un incidente del genere può capitare a chiunque, fin quando avrà ragione Tacito: Corruptissima re publica, plurimae leges. Non è dunque questo che m’interessa, ma cogliere l’occasione per un discorso di storia della destra (detto in generale), di cui Fini è stato, per la sua parte, protagonista. A proposito: anche quelli che oggi fanno credere di essere nati il 22 settembre 2022 con Fratelli d’Italia, nel 1995 aderirono a battaglioni affiancati, e con più o meno sincero entusiasmo, ad Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini; e andavano sussurrando che le famigerate Tesi di Fiuggi non le avevano lette, ed erano solo carta. Io no, e non avendo aderito non appena lette quelle Tesi, posso parlare di Fini e soci con un credibile distacco.
Fini entra nel Movimento Sociale, e nelle simpatie personali di Giorgio Almirante, che lo nomina segretario del Fronte della Gioventù. Il MSI-DN era in crisi come tutti i partiti della Prima repubblica, e ridotto ad un apparato centrale. Nel 1987, questo apparato di capi corrente elesse Fini segretario politico, con all’opposizione la forte e culturalmente bene attrezzata componente di Andare Oltre, detta, per capirci, rautiani. Chi ricorda la rivista Linea, sa cosa dico.
Maturò, in questo clima, un’intesa detta “delle militanze”, e trattata da Giulio Maceratini e Pinuccio Tatarella, per eleggere Fini segretario e Rauti presidente con poteri. Era un’ottima idea, che lasciava ai finiani gli aspetti organizzativi, di cui Tatarella era maestro, e ai rautiani i contenuti politici e culturali, di cui i tatarelliani erano del tutto privi e non ne sentivano la mancanza; e la decisione venne ufficializzata in due riunioni di vertice rautiano a Roma e a Perugia. Il 75% dei congressi provinciali (in Calabria, Cosenza e Catanzaro: allora Crotone e Vibo non c’erano) sancì la linea Fini-Rauti.
All’improvviso, i “generali senza esercito”, o servelliani, fecero saltare il tavolo, proponendo a Rauti di votarlo per segretario: egli ci cascò in pieno, e con lui quasi tutti i rautiani; anche in questo caso, escluso chi scrive. Per farla breve, appena eletto Rauti, prima fece sparire Linea, poi si trovò in piena guerra dell’Iraq, gennaio 1991; tutti i rautiani, inutile dirlo, eravamo contrarissimi a Bush, mentre Rauti, impacciatissimo, si arrampicava sugli specchi per forzatamente fare l’amerikan-servelliano, evocando persino l’interventismo del 1914! Perse poi le elezioni siciliane, Rauti venne deposto in un amen, e tornò segretario Fini.
Segretario di un partito in cachessia, ma non lo sapeva nessuno: ed ecco che nel 1993, candidato sindaco a Roma perché non si trovava altro, Fini attira una valanga di schede elettorali, e le simpatie dell’incipiente Berlusconi. Alle politiche del 1995, cinque milioni e mezzo di voti: qualche spudorato tenterà di far credere fossero voti di Alleanza Nazionale che non esisteva, ma erano tutti voti del MSI-DN.
Il successo attirò, purtroppo mandrie di approfittatori: i vari Fisichella democristiani, e un mucchio di spacciatisi per “camerati di sicura fede” che invece negli anni avevano sempre votato DC o PSI per i loro personali comodi. Congressi provinciali palesemente manovrati, e così il congresso di Fiuggi, sciolsero, il 15 gennaio 1995, il MSI-DN, e sancirono AN. Qualcuno disse, in privato, di aver aderito “nella più perfetta malafede”; e qualcun altro confessò di avere da pagare un mutuo: sono morti, e non faccio nomi.
Il MSI-DN era andato al governo Berlusconi 1, di breve durata; AN tornò negli altri governi Berlusconi, e Fini fu presidente della Camera (2008), ministro degli Esteri… Una mattina fuse AN con Forza Italia in un raffazzonato partito unico; da cui venne praticamente espulso (2010) con il famoso “che fai, mi cacci?”. Da allora, tentativi disperati di nuovi partiti e alleanza con altri dispersi tra cui Segni; e palese annientamento elettorale. La storia personale di Gianfranco Fini fu da allora quella di un emarginato non solo dalla politica ma dalla vita. Ripeto che nessuno di quelli che nel 1995 lo seguirono è minimamente legittimato a commentare Montecarlo.
Di AN restò quello che meritava, la damnatio memoriae, cioè manco se la ricorda nessuno. Quella di Fratelli d’Italia è una storia del tutto nuova, anche per anagrafe (la Meloni è del 1977; mentre lei nasceva, io ero componente del Comitato Centrale del MSI-DN); e lo dico sia agli antifascisti di mestiere, sia a quelli che sognerebbero un nuovo MSI e capeggiano l’opposizione a Giorgia… su Facebook.
Ulderico Nisticò