Gauche et droite: lezioncina di storia francese


 Oggi un giornale di sinistra evocava Petain e Vichy; ma è molto più antica, la storia della lotta tra gauche e droite in Francia, fin da quando si chiamava Gallia. E del resto, destra e sinistra sono espressioni nate nelle caotiche assemblee del dopo 1789, secondo dove un deputato si sedeva. Per la cronaca, il centro era chiamato “la palude”!

 C’è da sempre una Francia cattolicissima, feudale, cavalleresca, di fedeltà popolare al re. La prima insorgenza contro la rivoluzione fu la cristiana Vandea, contro la quale i giacobini atei inviarono le “colonne infernali” con l’ordine di sterminio, eseguito con ampie stragi. Iniziò così la sua carriera il giovanissimo Buonaparte, che però si faceva chiamare Bonapart[e]. C’è sempre un italiano, nella storia francese; oggi, Bardella, che lì pronunziano Bardellà.

 Divenuto dittatore poi imperatore, Napoleone I passò velocemente alla destra borghese, oltre che a stroncare qualunque cosa profumasse di democrazia e opposizione; venendo abbattuto da un’ondata di destra europea, iniziata in Calabria con la Santa Fede, esplosa in Spagna, esaltata dalla filosofia di Fichte e dalle armi tedesche a Lipsia (1813), e botta finale a Waterloo.

 Alla Francia restò la monarchia costituzionale di Luigi XVIII… con un parlamento eletto da 50.000 maschi ricchissimi: la “chambre entrouvable”. Si scatenarono proteste e insurrezioni, fino alla monarchia liberale e borghese di Luigi Filippo (1830). Nel 1848, insurrezione democratica e socialista, stroncata da una repubblica di fatto dittatura di Luigi Bonaparte (che stroncò anche la repubblica mazziniana a Roma), e che, nipote di Napoleone I, s’incoronò dal 1852 al ’70, l’ imperatore Napoleone III.

 La lotta, come si legge, si spostò, in Francia come in tutta Europa, dallo scontro politico alla lotta di classe tra liberali borghesi e democratici proletari o idealisti. I reazionari, a parte alcuni distinti e innocui signori come Chateaubriand e Monaldo Leopardi, compariranno solo nel XX secolo, e sono fortemente venati di nazionalpopolarismo e modernismo reazionario, quindi un poco di sinistra. Alla metà del XIX secolo, quelli che dovevano essere i reazionari restarono a guardare come Ferdinando II e Francesco II, e la stessa Austria, restando convinti che il 1860 fosse lo stesso del 1815.

 Napoleone III, forte del consenso di bonapartisti, cattolici e liberali, governò con deciso ammodernamento delle strutture economiche e sociali: a lui si deve Parigi come la conosciamo. Di scarso successo però la politica estera di tono imperiale: sostanziale fallimento in Italia, a parte la rapina consenziente di Nizza e Savoia; fuga dal Messico… Quando, nel 1870, Luigi venne sconfitto e fatto prigioniero dai Prussiani, si scatenò l’ennesimo scontro; e mentre si proclamava una repubblica (Terza Repubblica), la capitale, assediata dai Tedeschi (supremo spregio, l’Impero di Germania venne proclamato nella reggia di Versailles conquistata!) finì in mano agli insorti socialcomunisti della Comune. Questa venne sanguinosamente abbattuta dalle truppe della neonata repubblica, mentre Bismarck liberava gli ufficiali francesi prigionieri, affinché comandassero la repressione, prima che il comunismo varcasse il Reno.

 La Terza Repubblica fu il solito disastro partitocratico di simili sistemi, con altissimo grado di corruzione della classe politica e della coesione morale della Francia, pervasa da una cultura che oscillava tra due estremi ugualmente pestilenziali: l’edonismo piccolissimo borghese e la pulsione di morte. Nonostante ciò fosse evidente, la Francia ufficiale pretendeva di condurre una politica di potenza mondiale, ridicolizzata nel maggio del 1940 da un attacco tedesco che, tutto sommato, in 18 giorni conquistò l’intero territorio.

 Cosa accadde con lo Stato di Vichy, sotto Petain, e nella Francia occupata, merita un articolo a parte. Nacque in quei frangenti una cultura reazionaria francese; ma la Quarta Repubblica fu lo stesso disastro della Terza, finché nel 1858 De Gaulle, con metodi militari, non impose l’attuale sistema semipresidenziale, e disse che voleva “riportare la Francia alla stabilità di prima del 1789”. E, come credo di aver spiegato, aveva ampiamente ragione. Il sistema semipresidenziale separa, come dev’essere, il legislativo dall’esecutivo, e assegna al presidente i poteri di un antico re, incluso, come si sa, sciogliere il parlamento in cinque minuti. Come finirà, lo vediamo tra cinque giorni.

 Non finirà però nel 2024 una storia iniziata con i bagaudi e le jacqueries. Ci sono e ci saranno sempre due anime della Francia: san Luigi IX e Voltaire. E ciò che succede in Francia, contagia sempre il resto dell’Europa.

Ulderico Nisticò