Caro Tito, eccoti la foto della mia attuale scheda elettorale, timbrata pure per la partecipazione alla consultazione referendaria sui temi della “Giustizia” svoltasi ieri domenica 12 giugno 2022. Con questa ennesima entrata in un seggio elettorale, sono esattamente cinquanta anni che vado a votare, senza perdere nemmeno una chiamata dal quel lontano 7-8 maggio 1972 (elezioni politiche) del mio primo voto! Pure per questo, voglio festeggiare simbolicamente assieme a te e ai nostri lettori tale significativo traguardo, che in verità non tutti possono vantare, pure perché non è facile mantenere il ritmo elettorale italiano (tra consultazioni politiche, amministrative e referendarie). Spesso le elezioni politiche ed ammnistrative non hanno osservano e continuano a non osservare la scadenza naturale; quindi sono più numerose del normale.
Infatti, partecipare costa, non soltanto come tempo, ma anche come denaro. Per diversi motivi, mi sono spesso trovato lontano dal luogo di residenza, per raggiungere il quale ho dovuto, a volte, percorrere in treno o in auto molte centinaia di chilometri, pure con spese di soggiorno di vario tipo (per effetti ed affetti collaterali). Però non ho mai voluto mancare a nessuna delle consultazioni cui ero stato chiamato. Recentemente un’importante Autorità nazionale ha detto che partecipare al voto non è un dovere ma un diritto. Però, mi sembra logico che quando si ha un diritto (conquistato a fatica dalle generazioni precedenti) si ha un doppio dovere ad esercitare tale diritto (almeno nei limiti del possibile e della buona volontà).
1 – IL DIRITTO-DOVERE DELLE URNE
Il primo dovere è quello della partecipazione attiva alla vita sociale e politica della propria Nazione (e quindi dei propri destìni). Il secondo dovere è quello di partecipare anche e proprio per onorare i tanti hanno lottato duramente oppure hanno sofferto torture e carcere o sono persino morti, per ottenere tale importante diritto democratico. Se noi non esercitiamo tale diritto-dovere diamo un messaggio negativo e cioè che la consultazione o le consultazioni elettorali e referendarie non servano a niente e che, quindi, si possano ridurre o addirittura abolire. Per quanto possibile, non bisogna mai prestarsi a tale gioco, che è pericoloso pure a livello internazionale, poiché si indeboliamo rispetto agli altri (che ne possono approfittare). Già la nostra democrazia italiana è alquanto menomata rispetto ai primi decenni della Repubblica. Tale arretramento è dovuto, in parte, pure all’abbassamento del livello di partecipazione non soltanto elettorale ma anche nella vita attiva dell’attenzione democratica. Spetta sempre e comunque a noi cittadini tenere desta e alta tale attenzione e partecipazione in ogni modo possibile e ammissibile dalla nostra Costituzione così tanto faticosamente raggiunta e conquistata! Non bisogna dare retta agli autolesionisti o alle propagande che, in modo diretto o subdolo, ci incitano a disertale le urne e la “cittadinanza attenta e attiva”. Se agiamo bene, lo facciamo per rafforzare noi stessi e la democrazia ereditata dalle generazioni precedenti, mentre noi abbiamo l’obbligo di mantenerla in salute, anzi rafforzarla e consolidarla pure per le generazioni future. Bisogna sempre vigilare, pure perché dietro i disfattismi si possono nascondere (e di sicuro si nascondono in vari modi, persino i più ipnotici, anche tramite mezzi di comunicazione legali) i totalitarismi, le dittature, gli imbonitori i quali, una volta insediatisi, sarà difficile allontanare, se non con altre rivolte o altre guerre, sicuramente con altri spargimenti di sangue e distruzioni che non ci possiamo assolutamente più permettere. Sempre in allerta, perciò!
Ieri, per esempio, per partecipare alla consultazione referendaria ho dovuto fare un piccolo sacrificio, sia economico e sia logistico. Infatti, ero in vacanza al mare con mia moglie. Abbiamo dovuto riorganizzare il nostro tempo, percorrere 80 km per raggiungere il nostro seggio (alle ore 22.45 un quarto d’ora prima della chiusura) ed affrontare alcuni piccoli inconvenienti ed imprevisti non sempre piacevoli. Avrei potuto ragionare come ha ragionato la maggior parte degli italiani … cioè l’astensione equivaleva comunque ad un NO ai cinque quesiti referendari. Invece, i risultati percentuali che ho visto stamattina avrebbero potuto essere ribaltati con una adeguata partecipazione.
Quindi, la consultazione di ieri è stata comunque falsata nella sostanza, proprio perché non c’è stata la partecipazione di metà più uno degli aventi diritto (quorum). E’ stato dato ancora una volta un cattivo segnale nell’esercizio della democrazia. “Andare al mare” per non votare (come invitava qualcuno) quando c’è un referendum o una consultazione elettorale non è mai una buona scelta. Personalmente ho fatto l’esatto contrario (dal mare sono andato alle urne), pure per onorare chi sta soffrendo e sta morendo in Ucraina ed ovunque nel mondo si combatte per ottenere o per non perdere la democrazia, che, per quanto difettosa, è pur sempre meglio che vivere in regimi totalitari o comunque a libertà molto limitata.
2 – IL MIO PRIMO VOTO – 1972
Ai miei tempi (per me che sono classe 1950) si entrava nella maggiore età (pure con diritto di voto) a 21 anni. Quindi, il mio battesimo elettorale è avvenuto con le Elezioni Politiche nazionali del 7-8 maggio 1972. Le prime in calendario. Non è stato affatto facile scegliere il partito cui dare la mia preferenza. Per me, giovane del sud, nessuna formazione politica presente in Parlamento dava alcuna garanzia e nemmeno per il Mezzogiorno italiano cui faccio ancora parte con orgoglio, nonostante tutto. Ma non davano garanzie neanche, diciamolo sinceramente, per l’intera Italia. Però, da europeista convinto, sicuramente sarebbe stato preferibile il partito che maggiormente credeva e lavorava per l’Europa Unita. Ho sempre tenuto tanto all’Europa Unita, fin da quando mi ammisero, alla Scuola media, a fare il concorso annuale, con un premio monetario, a chi scriveva il migliore tema sull’Europa. Ho sempre ottenuto tale premio, anche quando ho frequentato il Ginnasio ed il Liceo classico. Fin da ragazzino lavoro, nel mio piccolo, per l’Europa e, in particolare, per rafforzare l’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) che potrebbe aiutarci a vivere in pace, se la lasciassero lavorare le Potenze tentatrici, specialmente quelle prevaricatrici e preponenti.
Ma, in quel 7-8 maggio, battesimo delle urne, sentivo tutta la responsabilità del primo voto della mia vita, come in tutte le prime esperienze. Ne discutevo in famiglia, con i parenti e con gli amici. E, in particolare con Giuseppe Naimo, mio fedele e inseparabile amico fin dai tempi dell’asilo e legato alla mia famiglia da reciproci comparaggi. Dopo tante conversazioni ed analisi, non trovavamo una soluzione.
E, sinceramente, non mi andava consegnare la scheda bianca o nulla. Mi sembrava una vigliaccata, un lavarsi le mani come Ponzio Pilato. La mia famiglia e la mia parentela sono sempre stati “comunisti” anche sotto il fascismo. Tuttavia, ero alquanto perplesso su questo partito, pure perché non aveva dato buona prova a Badolato, specialmente dopo le pur assai meritorie lotte contadine ed operaie. Inoltre, seguendo dal 1962 (dall’età di 12 anni, cioè) i programmi e i dibattiti televisivi politici (su sollecitazione della mia insegnante di Lettere, Anna Maria Longo di Catanzaro, energica attivista comunista e femminista), alla fine c’era qualcosa che non mi convinceva.
Da una parte avrei voluto comunque continuare sul solco della tradizione comunista della mia parentela e della mia famiglia; dall’altra cominciavo a ragionare con la mia testa, anche se ascoltavo sempre volentieri mio padre, i miei zii, gli amici adulti più navigati, tra i quali c’era chi, comprendendo maggiormente la mia inquietudine, mi suggeriva di analizzare tutti i partiti in lizza e di scegliere il cosiddetto “male minore”.
In prossimità delle due giornate elettorali (domenica 8 e lunedì 9 maggio 1972) mi sono chiuso in camera e, scrivendo su un quaderno i PRO e i CONTRO per ciascun partito, sono giunto ad una rosa di tre. Comunicai questo mio risultato a Peppe Naimo, il quale aveva deciso di continuare a votare come era antica tradizione familiare: comunista … anche se mi raccontava la favola dell’asino e delle mosche. Il PCI – Partito Comunista Italiano era per lui il cosiddetto “male minore”. Tuttavia si mostrava molto perplesso. Lo avrebbe vitato turandosi il naso, come spesso ripetevano alcuni personaggi riguardo la Democrazia Cristiana. Chi l’avrebbe mi immaginato che, in un futuro, entrambi questi partiti (o buona parte di essi) sarebbero confluiti, paradossalmente, in un diluito “Partito Democratico” (come l’oste con il buon vino) ???…
3 – L’ASINO E LE MOSCHE
Peppi Naimo aveva la nonna paterna che era un infinito repertorio di “cunticehy” (racconti, proverbi, favole educative). E molte ne aveva fatte sue. Una di queste avrebbe potuto essere applicata ai partiti politici. Era la favola dell’asino e delle mosche. << Un asino era pieno di mosche che gli succhiavano il sangue in modo continuo. Il suo padrone, pensando che il suo fedele e paziente collaboratore di fatiche quotidiane stesse soffrendo molto, ne ebbe pietà e cominciò ad allontanare quelle mosche attaccate in modo permanente al corpo dell’animale, il quale non muoveva nemmeno la coda per allontanare le assetate parassite.
Ma l’asino riproverò il padrone, dicendogli: Se tu allontani queste mosche che sono mezze sazie, ne verranno altre più voraci e finiranno con il succhiare tutto il sangue che ho in corpo! >>. Applicata al momento politico che vivevamo nel 1972 in Italia, tale favola avrebbe voluto dirci che era meglio lasciare al Potere la classe dirigente esistente (le mosche, cioè i partiti di centro-destra o di centro-sinistra al governo, con al centro la Democrazia Cristiana) piuttosto che cambiare con i più fondamentalisti (allora) comunisti e i loro alleati di estrema sinistra. I quali, a digiuno da decenni, avrebbero finito con il dissanguare l’Italia, poiché le mosche allontanate avrebbero comunque dovuto in qualche modo cibarsi, magari attaccandosi alle parti dell’asino meno abbondanti di sangue. Sarebbe stato un doppio dissanguamento. Favola o profezia?…
Per quanto ragionassimo, Peppe Naimo ed io non riuscivamo ad effettuare una scelta che ci facesse rimanere meno inquieti. Allora, per stare più tranquilli di fare le ultimissime, ce ne andammo a parlare sul lungomare di Soverato (13 km da Badolato Marina); dove, passeggiando o sostando su una panchina, cercavamo di trovare la soluzione del primo voto politico della nostra vita. Ho portato il mio quaderno e insieme ragionavamo su ogni punto che avevo annotato. Intanto nel nostro paese cominciavano ad allarmarsi perché mancavamo solo noi due per votare. Si sa che nelle nostre piccole comunità ognuno da noi è controllato al massimo. Tanto più dai partiti politici. Il benemerito compagno comunista Antonio Paparo (u Cocu) era quello più attivo a girare il paese per cercare, con un elenco alle mani, coloro che, per un motivo o per un altro, non erano ancora andati a votare. Mancavamo sono io e Peppi. Con la sua Fiat 500 color rosa, ci andava a cercare in ogni dove, finché qualcuno gli ha detto che eravamo a Soverato. Dove ci raggiunse per condurci al seggio. Non so come o cosa Peppi Naimo abbia votato. Per pudore e rispetto non abbiamo mai più toccato tale argomento. A sentire Gianni Verdiglione che su di Lui ne ha fatto persino una epica lastra di marmo a perenne ricordo al borgo nel 2020, Peppi alla fin fine non si è mai discostato dal votare comunista, partito avuto in eredità dal padre (come afferma molto eloquentemente la lapide). E ad una eredità così impegnativa non si può assolutamente rinunciare per tutta la vita: << A Peppi Naimo “Figlio non ho niente da darti, ma ti lascio il partito comunista” >>.
4– PREMIO DI COMPLETAMENTO CICLO ELETTORALE
Caro Tito, ritengo che ci dovrebbe essere un qualche riconoscimento (magari soltanto una piccola pergamena o attestato) donata dai Prefetti (per conto del Ministero degli Interni) ai cittadini che non abbiano saltato nemmeno una chiamata alle urne. Così come vanno le cose (la percentuale di partecipazione è sempre più diminuita negli ultimi decenni, rispetto ai primi lustri della Repubblica) la migliore e più completa frequenza elettorale dovrebbe essere evidenziata e premiata, pure come esempio e pedagogia sociale.
La statistica della presenza ai seggi dei cittadini potrebbe essere pure materia di studio per le Università e per quegli Istituti che si occupano di tale settore, nonché per le stesse istituzioni statali. Non ti nascondo che anche io sarei assai curioso di appurare quanti completino il ciclo nella lunghezza, ad esempio, dei 20 – 30- 40 e 50 anni o di un’intera vita; e quanti ne vengano distanziati fino all’elettore Zero, cioè a chi non è mai andato a votare (esclusi coloro i quali, come i Testimoni di Geova, non si recano alle urne per convinzione religiosa).
5 – SALUTISSIMI
Caro Tito, sono assai lieto di avere completato con successo e in modo totale il mio ciclo elettorale dei cinquanta anni. Spero che in futuro la salute mi possa accompagnare per espletare il mio diritto-dovere alle urne. Vedremo. Personalmente ci tengo ancora molto ad essere puntuale agli appuntamenti di qualsiasi tipo di consultazione istituzionale. Intanto, ti ringrazio ancora e sempre per aver ospitato un’altra “Lettera” (la 405). In attesa della “406” che dovrebbe ospitare, come anticipatoti, “Le letture per l’estate” ti saluto con tanta cordialità, augurandoti di ben goderti la bella stagione e l’imminente “solstizio d’estate”!
Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)