Febbre di crescita e autonomia differenziata


 È un espressione popolare calabrese di medicina tradizionale: “Frevi e criscenza”, quando i bambini hanno i loro piccoli malanni, che per qualche giorno stanno a disagio e preoccupano le mamme; poi passa, e il frugoletto cresce! Tanto cresce, che un bel giorno pretenderà le chiavi di casa.

 La Calabria, nella sua storia, ricorda pochissime di queste febbri. Una traumatica doveva essere il passaggio dal rito greco al rito latino, che magari un forestiero immagina sia stata una specie di guerra di religione; in realtà la faccenda durò tranquilla dei secoli, e secoli di convivenza non dico pacifica, dico indifferente.

 C’è memoria di una rivolta del 1459; ci sarebbe anche l’assedio di Catanzaro del 1528; passiamo alla Santa Fede del 1799, e all’insurrezione antifrancese tra il 1806 e il 12. In mezzo a tutto questo, terribili terremoti, e, ad onore dei Calabresi e dei governi, intelligenti ricostruzioni.

 A proposito di governi, mentre accadevano queste rarissime vicende e, da un secolo all’altro, tutto continuava nella sua quotidianità, dall’XI secolo abbiamo: Normanni d’Altavilla e di Svevia; Angiò; Durazzeschi; Aragonesi indipendenti; Aragonesi e Asburgo delle Spagna; Asburgo d’Austria; Borbone; Savoia; e una generica fedeltà calabrese al re, chiunque fosse il re di turno.

 Nel 1860 passò velocissimamente Garibaldi, fingendo una battaglia di Soveria Mannelli che mai fu per la parimenti veloce fuga del borbonico Ghio. Nel 1943 arrivarono gli occupanti angloamericani, ricevuti dalla Calabria con la stessa apatia.

 Ora non ve ne venite con X o Y e altri singoli calabresi che in vario modo parteciparono alla storia altrui; posso farvi un elenco imponente, però sarebbero sempre singole persone, e generalmente fuori della Calabria, e non la Calabria. Esempio, Michele Bianchi, grande mente politica del fascismo, che fu quadrunviro della Marcia, però su Roma, mica su Belmonte Calabro, dov’era nato. Fece tantissimo, come ministro, per la Calabria, ma da Roma.

 Dal secondo dopoguerra, la Calabria mi appare una bambina coccolata e non cresciuta. Negli anni 1950 venne inondata di posti fissi di scarso impegno intellettuale e nessun impegno fisico; mentre i più valenti venivano indotti ad emigrare, e non solo per soldi, ma proprio per non finire bidelli. Come oggi i giovani più qualificati se ne vanno a Milano o all’estero, per non essere assunti al municipio.

 I progetti di artificiale industrializzazione degli anni 1970 furono delle palesi truffe: SIR, Saline, Isotta… e le infinite promesse di palline da tennis e Lamborghini… e le centinaia e centinaia di capannoni vuoti, però solennemente inaugurati da compiacenti politici e prefetti, e benedetti da paciosi ecclesiastici; nessuno dei quali chiese mai di vedere cosa ci fosse dentro, del resto ben sapendo che dentro c’era il vuoto torricelliano. Inchieste giudiziarie? Boh!

 Dominava intanto una cultura piagnona di mestiere e lautamente retribuita per lacrimare; e giù cittadinanze onorarie e pr€mi letterari.

 I politici? Il loro compito era di non disturbare i dormienti, e procurare soldi da distribuire a pioggia sotto qualsiasi forma. Perciò nessuno chiedeva loro di essere volitivi, attivi, intelligenti e istruiti; se mai, il contrario: essere muti amici di qualche ministro in grado di mandare denaro; ed evitare perciò ogni sorta di crisi e di problemi.

 La bimba Calabria, coccolata e rimasta piccina, ha bisogno urgentemente di diventare ragazzina, preadolescente, adolescente, signorinella, femmina, donna! E ogni femminuccia sa che ciascuno di quei passaggi è una crisi, di cui l’interessata un poco soffre e molto ne gode. E i maschietti intorno si accorgono di tutte le suddette femminee trasformazioni, e si regolano di conseguenza.

 Insomma, basta con ogni forma di assistenzialismo diretto e indiretto. Ecco a cosa può servire l’autonomia differenziata: ad essere costretti a crescere. Ripeto che va creata la Regione Ausonia con Molise Puglia Basilicata Campania Calabria. Ripeto che dobbiamo imparare a votare per chi se lo merita e non per il parente o per l’amico di qualcuno.

 Subiremo una crisi: come ho narrato di sopra, è un’esperienza che la Calabria non ha quasi mai provata, e può fare solo bene. Febbre di crescita!

Ulderico Nisticò