Dati del 2015: oltre 100.000 italiani sono emigrati in Europa o altrove; mentre sono arrivati 150.000 “migranti”. Ma le analisi non si fanno con i numeri; e non è lecito alcun paragone tra i cosiddetti migranti e la nostra nuova emigrazione.
Nessuno va a prendere i nostri a due braccia dalla costa; nessuno li mantiene a sbafo nei CARE e roba del genere: vanno a lavorare, o almeno in cerca di lavoro; e in luoghi europei dove, se non lavora, lo straniero viene messo alla porta.
I nostri nuovi emigranti sono giovani e con un corso di studi reale, e competenze ed esperienze di lavoro, che, acquisite in Italia e con sacrifici delle famiglie, vanno a portare a vantaggio di altri.
Fatte queste necessarie premesse, ed evitati sofismi e furbate, chiediamoci il perché di questa ripresa del fenomeno.
I nostri non vanno in Europa per qualcuna di quelle utopie con cui ci hanno ammorbati per decenni: europeismo, integrazione, cosmopolitismo, generazione Bataclan e altra roba da retorica ufficiale; emigrano per bisogno.
Emigrano perché l’Italia non offre occasioni ai suoi giovani qualificati, diplomati, laureati; e, notizia delle notizie, emigrano da Lombardia e Veneto, le regioni ricche. Dalla Calabria sono già tutti emigrati, per un totale ufficiale di 380.000 (trecentottantamila!). E la Calabria è la terra d’Italia che cresce di meno. Complimenti.
Che fare? Intanto, individuare le colpe, e scoprire che sono di tutti. Anch’io ho militato, per decenni, in una forza politica che accusava solo gli altri, il MSI; quando poi, squagliatisi in Alleanza Nazionale, i miei ex camerati hanno governato, fanno ugualmente schifo degli ex odiati nemici, poi complici. Quindi non mi serve a niente tacciare Questo o Quello di colpe. Le colpe sono di tutti, perché nessuno ha capito che la crisi economica non è nel sistema ma è del sistema, e serve un cambiamento radicale di modi di produzione e cose da produrre.
Produrre, perché se le cose non vengono prodotte, si finisce come in Unione Sovietica, dove distribuivano in parti (più o meno) uguali, ma distribuivano il nulla eterno.
Produrre è una parola onnicomprensiva, e non si riferisce solo a cose materiali, ma anche a servizi, cultura, scuola, sanità, stile di vita. E la produzione non si misura solo in denaro.
L’Italia va ripensata e ammodernata. Se oggi un qualsiasi medico aggiornato opera in mezzora e in anestesia localissima, e intanto il paziente legge il giornale e telefona; a cosa mi servono più i mitici “posti letto” e i primariati cari a Oliverio? A niente, e bisogna invece aggiornarsi. E l’esempio basti, però applicatelo anche a scuola, industria, commercio e turismo…
Serve la rivoluzione dell’ammodernamento di tecnologia, e perciò di mentalità: se un settore produce, va potenziato; se è passivo, chiuda.
E già, e le resistenze passive? Lo so, lo so: ma è per questo che l’Italia ha bisogno di una guida forte, e meno chiacchiere e meno rispetto degli interessi e dei capricci di passacarte e di intellettuali.
Sì, ragazzi, queste sono le due categorie più pericolose. I passacarte non vogliono cambiare il loro pigro andazzo; e fin qui mi pare evidente.
E gli intellettuali? Peggio: essi sono, detto in generale, dei bruti meccanici del pensiero; hanno i loro schemi, sono cresciuti con i loro schemi, hanno scritto libri con i loro schermi, sono stati premiati per i loro schemi. Sono schemi nati e robustamente ancorati negli anni 1970, quando c’erano ancora le automobili a manovella e i computer stavano nei film di fantascienza: ma per loro vanno bene anche nel 2016; e guai a cambiare qualcosa. E se rivolgi loro un’obiezione fuori dai loro schemi, diventano improvvisamente maleducati e inveiscono: a riprova della loro ottusità. Esclusi i presenti.
Peggio, gli intellettuali pretendono di fare quello per cui non sono addestrati: decidere. Loro compito è invece eseguire quello che decide la politica. Manca la politica, però. E se manca a 360 gradi e senza distinzione, che fare?
Beh, io intanto, al solo scopo di scuotere la palude, il 4 dicembre voto un immane sìììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììì. Poi vediamo.
Ulderico Nisticò