“Serve un immediato sostegno alle imprese agricole e zootecniche che, oltre a fronteggiare i problemi economici della pandemia, devono altresì difendersi dai continui danni da fauna selvatica, ed in particolar modo dalle scorribande dei cinghiali”.
“È ormai nota l’eccessiva, in alcune zone massiccia, presenza di questi ungulati che minano sempre più le nostre produzioni agricole e minacciano dal punto di vista sanitario gli allevamenti calabresi”. È quanto afferma in una nota il consigliere regionale della Lega, Filippo Mancuso.
“I numeri in Italia sono paurosi, basti pensare che i cinghiali sono passati da 900mila capi nel 2010 ai quasi 2 milioni di oggi, con un incremento del 110% e un trend in continuo aumento”.
“La Calabria – prosegue – è tra le regioni che più soffre questa piaga. Oltre a generare continui danni all’agricoltura, i cinghiali stanno diventando un elemento di rischio anche per gli automobilisti con continue segnalazioni di incidenti stradali, talvolta anche con gravi conseguenze”.
“La collocazione della Calabria fra le zone rosse – spiega il consigliere Mancuso – ha determinato il blocco delle attività venatorie, e quindi il problema cinghiali non potrà che subire una recrudescenza. Ridurre in maniera significativa la presenza di questi ungulati sull’intero territorio regionale consentirebbe all’agricoltura produttiva di recuperare aree abbandonate a causa di questa invasione. La massiccia presenza di cinghiali sta generando spostamenti importanti anche da parte dei lupi che si fanno sempre più audaci addentrandosi nelle zone urbane. Non a caso negli ultimi mesi si sono registrati numerosi attacchi di lupi e canidi ad allevamenti ovi caprini”.
“Per agricoltori e gli allevatori continuare a svolgere la propria attività diventa una scelta che richiede estremo coraggio, in primis economico. Il governo centrale – sostiene Mancuso -, con estrema urgenza, deve stabilire nuove regole: anzitutto la riapertura immediata dell’attività venatoria anche nelle zone rosse e poi prevedendo un eventuale prolungamento di periodo di caccia al cinghiale che consenta un ridimensionamento significativo del numero di capi presente sull’intero territorio regionale. Oggi più che mai bisogna sostenere il mondo agricolo che sta continuando a garantire le necessarie scorte di cibo, non senza subire però gravi perdite in termini economici, come purtroppo la maggior parte dei settori produttivi italiani”.