La Germania, e dico la Germania, è in ”recessione tecnica”: una formula buonista per non dire semplicemente recessione. La Francia sta maluccio; gli USA stanno malissimo. L’Italia, per bocca del governo, dichiara difficoltà. Arrivano brutte notizie dalla Cina. Mi pare evidente siano frutti avvelenati di un’economia mondiale lasciata a briglie sciolte verso il precipizio, e non governata; anzi, peggio, governata da branchi di ciuchi con otto lauree: i monetaristi.
L’Italia di Prodi entrò nell’euro all’assurdo e ciuchissimo prezzo di 1936,27 lire per € 1; quasi duemila lire. E non bastò, la libresca asinità: il giorno dopo, una cosa che prima costava lire 1.000, quindi, aritmetica alla mano, euro 0,52, saltò a euro 1, quindi lire 1936,27: il doppio. Non si seppe che qualche commerciante fosse finito in gattabuia per la palese truffa.
Questo fece Prodi; ma non è che gli altri governi abbiano fatto di meglio. La colpa non è dunque personale dei pinchipallini di turno, ma proprio del monetarismo: un’idea sballata secondo la quale dollaro ed euro eccetera sono valori in sé, mentre sono solo pezzi di carta colorata che dovrebbero rappresentare cose concrete. Ovvero, l’euro non si mangia, il pane sì.
Lasciando dunque l’economia alle immaginarie leggi economiche, i governi non agiscono sulla produzione e sui consumi. Abbiamo così un Occidente in cui è più facile trovare un cellulare ultimo modello che il suddetto pane, il quale costa sulle 6.000 lire il chilo: e negli ultimi tempi è anche di peggiore qualità, chissà come.
Aggiungete tutto il resto, a cominciare dalla denatalità, sempre più grave. Servono governi che governino l’economia; ovviamente non in modo sovietico o socialdemocratico, bensì con strumenti come l’IRI (1933), distrutto, guarda caso, dal medesimo Prodi (2000).
Serve anche un’educazione all’economia; una reazione culturale della comunità nazionale. Tanto, alla favoletta che la felicità dipende dagli oggetti e dal “divertimento”, non ci crede nemmeno il più stupido dei ragazzini. Anzi, viviamo in un mondo in cui è quotidiano vedere gente depressa e con un pacco di soldi in tasca e un supercellulare, con il quale però non telefona a nessuno.
Ulderico Nisticò