In attesa di capire se, i nominati negli enti più importanti degli enti pubblici calabresi, abbiano esagerato nel curriculum, una certezza è salda: il cv in Italia è un totem che viene controllato sempre dopo, mai prima. Perché nel marasma di clientelismo, nomine e lottizzazioni che costituiscono la spina dorsale di molti ambienti lavorativi (spesso quelli che ruotano attorno alla pubblica amministrazione e alle sue miriadi di ramificazioni) aleggia incessantemente il mantra della meritocrazia che è ormai termine consolidato per ogni stagione politica: occorre, serve, è essenziale anzi no fondamentale educare le nuove generazioni alla meritocrazia, mettere tutto nero su bianco, fare in modo che i cittadini sappiano chi gestisce cosa e perché è stato messo lì, quali sono le sue competenze (altro mantra), le sue abilità o, per dirla in modo internazionale, le sue skills.
C’è da riderci sopra, per cogliere il lato umoristico delle vicende. Mentre si affacciano sulla scena politica e sociale personaggi sprovvisti di lauree e percorsi di specializzazione, o che hanno sì una laurea e allora si attribuiscono ruoli altisonanti (tipo «economista» chi ha studiato Economia e commercio), i predestinati cascano proprio lì, sul titolo di studio: che sia un ministro dell’istruzione con licenza media o un amministratore o dirigente con laurea triennale, la pergamena fa la differenza.
Ecco la Calabria dei furbetti del curriculum taroccato, le cose vanno cosi in Calabria, cioè non vanno, lo dichiara il Presidente dell’Associazione Legalità Democratica Avv. Maximiliano Granata .