Il prossimo 2 aprile, Domenica delle Palme, rivive a Badolato Borgo l’antichissima usanza della “Pijjiata”, rappresentazione della Passione e Resurrezione di Cristo. Il teatro sacro, che fu all’origine del teatro anche ai tempi dei Greci, è attestato in Italia almeno dall’Anno Mille, quando il popolo cristiano iniziò a raffigurare, anzi a rivivere sulla propria carne, il momento più alto e solenne e tragico, ma anche gioioso, della vita religiosa. In Calabria si chiama “Cattura”, e mette in scena i giorni dall’ingresso di Gesù a Gerusalemme, al processo, alla Via Crucis, Crocifissione, Morte e la gloria del Risorto.
Un tempo tale manifestazione impegnava intere giornate, con la partecipazione, in vario modo, di tutti gli abitanti dei borghi. Oggi le dinamiche sociali e i tempi suggeriscono forme altrettanto complete e sentite, però di durata minore, pur senza nulla togliere all’intensità del dramma.
La formula scelta dall’autore del testo, Ulderico Nisticò, e adattata dalla regia di Franco Procopio, è quella di un filo conduttore attraverso un testimone e narratore, Pietro, il principe degli Apostoli, e affidato a serrati dialoghi e profondi monologhi.
In attesa di essere a sua volta crocifisso per ordine di Nerone, e in preghiera, riceve una strana visita, quella del nobile romano Petronio (ne parla Tacito, ed è l’autore del Satyricon), uomo scettico e di filosofia epicurea, però intelligentemente curioso; e vuole conoscere la nuova religione giunta a Roma. Tra i due inizia un’intesa culturale e una sorta di amicizia. Pietro narra, e si svolgono le scene.
Era con Cristo durante le Palme. Ha visto miracoli come la guarigione del cieco Bartimeo, e il perdono e l’ammonimento della peccatrice; ha ascoltato le Beatitudini.
Era tra gli Apostoli quando Gesù lavò loro i piedi, istituì l’Eucarestia, e patì tra gli ulivi. Giuda lo ha tradito, ed egli stesso non sa bene perché. Anche Pietro non sarà sempre fedele.
Sa che il sinedrio dei farisei ha deciso la condanna, denunziando Cristo a Pilato. Questi, indeciso, si affida inutilmente ad Erode, e poi chiede al popolo di scegliere tra Lui e Barabba. Alla scelta funesta, se ne lava le mani.
La flagellazione e la Via Crucis mostrano anche la Veronica e il Cireneo, e il profondo dolore di Maria, che, dopo la Morte, piangerà ancora la Deposizione e il Sepolcro. Partecipa così alla Passione, e diviene Corredentrice.
Sono le pie Donne a sapere per prime della Resurrezione, e la rappresentazione si chiude con il trionfo di Cristo Risorto sul male.
Nutrito è il gruppo degli attori e figuranti, e ci si attende la diretta partecipazione degli stessi spettatori. Lode all’Associazione Culturale Antonio Gesualdo, al Comune e a quanti altri vorranno collaborare.
Infatti, a teatro lo spettatore è a sua volta un attore; e tanto più ciò è vero nel teatro sacro, che è una forma popolare, e perciò naturale e genuina, di rito e preghiera.
Ulderico Nisticò