Immaginiamo, così, per svago, che dalle prossime regionali venga fuori una Regione seria, e in particolare in un aspetto che finora la Regione Calabria ha totalmente ignorato, e con essa i professori e giornalisti e intellettuali: la cultura. La cultura, dico, quella vera, non la solita antimafia segue cena; o, in alternativa, premiatissimi e pagatissimi scrittori di piagnistei.
Se questo impossibile sogno non fosse, come è, solo un sogno impossibile – o se ci sarà una Regione nuova: chi lo sa? – ad un assessore serio io ricorderei che nel 2021 corrono i sette secoli dalla morte di Dante. Via, sta scritto su tutti i libri, magari lo sanno persino all’UNICAL, Facoltà di lettere.
Ora vedete che lo scemo del villaggio risponderà come per Matera, che Matera non è in Calabria; e che Dante è nato a Firenze. O magari uno meno scemo si ricorderà di quell’unica volta che al Liceo non dormiva, e il professore recitò “se il pastor di Cosenza… ” di III Purg., ovvero Catona (o Crotona?) di VIII Par. Troppo poco, vero, qualche cenno? A proposito, e a scanso di lacrimatoi e sociologia della domenica, il “pastor” vuol dire l’arcivescovo Bartolomeo Pignatelli, mica un pecoraio!
E invece Dante ci riguarda direttamente e pressantemente, per la dominante influenza su lui e sulla Commedia del pensiero di Gioacchino da Fiore. Il mistico è citato tra gli spiriti sapienti, con due notazioni importanti: “l’abate calavrese Gioacchino di spirito profetico dotato”, XII Par. Il poeta lo riconosce profeta, anche se la Chiesa aveva negato tale qualità, anzi il pensiero di Gioacchino era stato giudicato “errato”; e Tommaso d’Aquino aveva ritenuto le sue visioni storiche non profezie, ma “sana congettura di mente”, cioè luminoso ragionamento ma solo umano. E Dante tiene a definirlo calabrese, quasi ad evidenziare che venne da una terra di antichi filosofi.
Il pensiero gioachimita, per quanto vietato – anzi, per questo! – ebbe vastissima diffusione soprattutto tra i vari rami francescani; e giunse al giovane Dante, e costituisce l’ossatura concettuale e strutturale del Poema.
È una visione triadica della storia sacra e profana: c’è un età del Padre, l’Antico Testamento, che è severa e dura; una del Figlio, il Nuovo, della misericordia; e ci sarà, con l’Apocalisse, un’età dello Spirito Santo con la pace e la fine della vicenda. È facile riconoscere la disposizione triadica della Commedia – Inferno, Purgatorio, Paradiso – con tutte le volute ripetizioni del tre, fino ai trentatré canti per cantica più uno, e alla stessa forma metrica delle terzine. E sono gioachimite gran parte delle figure della visione dantesca. Cercate, anche in internet, il “Liber figurarum”.
Vero che, al misticismo gioachimita, Dante alterna il razionalismo tomistico: ed è una delle tante poetiche contraddizioni dell’Alighieri, uomo dei Gemelli, e sempre lacerato tra cielo e terra.
Gioacchino ebbe poi influsso su tutto il pensiero neoplatonico e platonico dei secoli seguenti; e anche sull’impresa di Colombo, che condusse con sé il “Libro delle profezie”; e sull’esoterismo moderno, anche massonico, donde il richiamo che ne fece Obama durante la sua prima campagna elettorale. La cultura ufficiale calabrese, università in testa, non si commosse manco quando tutti i giornali del mondo riferirono che un candidato USA, poi presidente, fu (a modo suo!) gioachimita: e già, mica era antimafia segue cena e sbarchi di Ulisse! E il buffo è che gli intellettuali calabresi sono tutti, ma proprio tutti obamiani accaniti e anche hilaryclintoniani: perché, lo sanno solo loro!!!
Secondo voi, nel 2021 qualcuno si curerà di Dante e Gioacchino? Ahahahahahahahahah! O meglio, ci piango sopra. A proposito, siamo alla fine del 2019, quindi per il 2021 ci sarebbe a stento un anno di tempo.
Ulderico Nisticò