Solo chi c’era può aver provato le emozioni dell’alba, con musica classica e poesia, e partecipazione intensa di molte centinaia. La poesia e la musica non si spiegano, non si commentano, non si analizzano: si avvertono come sentimenti e sensazioni, tanto più se a sentirli è una comunità che si forma, a volte tra sconosciuti, per il desiderio di un momento di sussulto del cuore. Questo è il sottile potere della voce, degli strumenti, e di quelle che Omero chiama “parole alate”.
È più utile trarne delle riflessioni. Alla fine, l’essere umano è fatto soprattutto della sua sfera emotiva, che nessun razionalismo riesce a spegnere e nemmeno ad annacquare con luoghi comuni banali; e cerca di essere vivo, godendo e soffrendo: e questa, non altro, è la poesia.
Vero, ma occorre che la poesia sia composta con versi veri e parole-corpo, miti; e la musica sia capace di stravolgere l’anima. Ed ecco i versi di U. N., recitati con arte da Maria Bruna Cuteri e Lucio Falvo; e le note raffinatissime di Valerio Mazza, Valeria Piccirillo, Barbara Ranieri, con il canto di Maria Grazia Cucinotta. Grazie a Soverato in cammino di Francesco Cuteri, con la collaborazione di Amici di Ambra, e del vicesindaco Emanuele Amoruso.
E il pubblico, che quando partecipa con intensità, esso stesso è un attore.
Ed è la prova, l’ennesima prova, che la gente è stanca e stufa di divertirsi. Lezione: di-verto vuol dire che di tanto in tanto smetto una cosa per di-strarmi; se invece il divertimento diventa regola, è come se mangiassimo zucchero a cucchiaiate: dopo un poco, cerchiamo avidamente sale e peperoncino. Siamo arrivati da un pezzo a quella diagnosi dell’etologo Lorenz, che il mondo occidentale versa in “ipersensibilità al dolore e iposensibilità al piacere”, cioè troppo piacere stucca.
Che piacere, poi? Ma quello della pubblicità piccolo, piccolissimo borghese, fatta di ominicchi e donnette. Dobbiamo tornare alla cultura, quella alta e tragica, e, se piacevole, piacevole sia.
Ecco dunque che abbiamo visto, stamani all’alba, occhi commossi e volti tesi e forse vibrazioni delle membra. Questa è la cultura, e, ovviamente, cultura nel senso antico e forte; e non il piagnisteo degli intellettuali calabri a forza di pr€mi e cittadinanze onorarie.
Non mi resta che pubblicare i versi. Studiateli.
[OUVERTURE]
Voi che lasciate le lucenti onde,
segni dell’alba, raggi dell’aurora,
speranza dell’attivo giorno, le Ore,
dodici ancelle del benigno Sole
cui pascete i cavalli, ed al Signore
Iperione: “Sorgi, alata vita,
fugando le ombre della notte, e i sogni
ingannatori, e tu sveglia i mortali
alla fatica, all’amore, alla gioia,
al sudore, alla duttile giornata,
all’onesto guadagno, alla poesia,
alla preghiera, alle illusioni, ai pianti,
ai piaceri inattesi ed ai dolori,
ai doni ambigui dell’ardente luce”;
voi, Ore, volerete intorno al Sole
nel vasto cielo, leggere e veloci.
[DANZA DELLE ORE]
E quando la vampa dell’astro brucerà le sabbie ed i cuori
allora mieteranno cantando e accumulando covoni,
difesa dell’arida fame, felicità delle mense.
E intanto la vigna frondosa ingrossa gli acini lievi,
e le fanciulle festose e tra i loro intrecci le Ore,
e i giovani audaci d’amore, e tutti attendendo Lieo,
il dio che ci scioglie dai mali, assaggiando il vino novello,
e nascondimento d’angoscia, e premio della dolce fatica.
E gli artigiani robusti cantando batteranno l’incudine
e dagli occhi aguzzi le donne nell’arte del telaio industrioso,
racconteranno le storie che loro raccontarono un tempo,
e lievi le agili dita accarezzeranno le Ore.
[DANZA DELLE ORE]
Infine quando gli zoccoli alati
patiranno stanchezza della corsa,
e cercheranno l’ombre del tramonto,
e il fieno e l’acqua, e chiudere le ciglia;
e il loro re – poiché anche gli dei
vogliono il sonno – troverà il giaciglio
d’oro e d’avorio, e preziose sete,
allora anche i mortali ad uno ad uno,
e i lenti buoi ed i cani fedeli,
riposeranno nella sacra notte,
colma di sogni, e speranza del giorno.
[DANZA DELLE ORE]
Ora il giorno vi attende, dalla luce
alla placida sera; e ora assieme
ascoltiamo l’invito dell’Aurora.
[MATTINATA]
Ulderico Nisticò