I chiassosi e generalmente attempati sostenitori del no al referendum parlano come se il gioco fosse tra la costituzione del 1948 e le proposte riforme del 2016, cioè come se veramente l’Italia sia stata retta dalla costituzione del 1948 senza modifiche né di fatto né di diritto. E invece non è così, e vi tengo una lezioncina di storia… che sciocchezza, non c’è storia, in Italia, dopo il 1945: una lezioncina di cronaca.
Correva negli anni 1950 – 90 un’espressione assai significativa: la “costituzione materiale”, intesa come molto diversa da quella nominale e scritta del 1948. Si voleva dire che il potere reale non era del governo, e tanto meno del presidente del Consiglio, per non dire del taglianastri presidente della Repubblica, ma era dei segretari dei partiti, i quali, riuniti in disparte a casa di questo o in un camper (su un siffatto mezzo di trasporto nacque il CAF: Craxi, Forlani, Andreotti), o al bar eccetera, decidevano di montare e smontare dei governi, in genere di brevissima durata; alcuni erano chiamati “balneari”, in quanto salivano a giugno e scendevano a settembre. In questa situazione, come si vede, non solo il presidente della Repubblica e il governo, ma anche i deputati e senatori contavano quanto il due di coppe quando la briscola è a spade! O si contentavano di favori e ruberie per proprio conto o per conto degli elettori. A comandare, erano i segretari dei partiti.
E da dove spuntavano, i segretari dei partiti? Et voila: il partito di stragrande maggioranza, la Democrazia Cristiana, era diviso in correnti, ciascuna con un capo corrente, il quale possedeva – lo dico in senso letterale, pagava e il diavolo sa come – pacchetti di x migliaia di tessere comunque procurate; e, facendole pesare, otteneva una porzione di potere e favori e tangenti eccetera. La cosa, lungi dall’essere scoperta da me nel 2016, era universalmente nota come Manuale Cencelli, che regolava la spartizione ciclica della torta. L’altro partitone, il PCI, si reggeva con il “centralismo democratico”, cioè con i vari D’Alema, allevati nel partito, e che, passo dopo passo, diventavano dirigenti; la “base” votava come in Bulgaria. Gli altri partiti, qualcosa del genere. L’unico democratico – vi prego di non ridere – era lo Statuto del Movimento Sociale, che per votare ai congressi imponeva la presenza fisica, fosse stato anche Mussolini in persona.
Dubito che Mussolini si sarebbe iscritto al MSI, ma sorvoliamo.
Così si andò avanti fino al 1992, fregandosene della costituzione scritta e de suoi articoli che prescrivevano ordinamenti democratici a partiti e sindacati, articoli che rimasero parole stampate.
Per quanto precede e come si vede, la costituzione del 1948 era solo un pezzo di carta dimenticato.
Dal 1992, una serie di scossoni: chiamarle riforme, è buffo. Il primo, la preferenza unica, che assestò un duro colpo alle cordate elettorali, e mise in crisi i partiti. Le cordate erano, per esempio, indicare tre nomi veri e uno di controllo, per sapere se l’elettore aveva obbedito o meno: eccetera e roba del genere. Erano un altro espediente dei partiti per mantenere il potere incostituzionale.
Si parlò, e se ne parlava da decenni, di riforme, e volavano le proposte rimaste tali, parole. Nel 1995, ecco una riforma costituzionale vera e propria sul piano formale, anche se ben poco cambiava, se non allargare il già disastroso ambito delle Regioni.
Perciò noi oggi, nel 2016, non stiamo discutendo se modificare la costituzione del 1948, ma quella del 1995. Sì, lo so che di quella riforma non si è accorto nessuno: ma oggi questa costituzione è in vigore, questa del 1995; e non quella del 1948.
Se però negli anni 1950-80 esistevano almeno i partiti, per quanto corrotti e degenerati; oggi, manco quelli, tanto che è ormai prassi comune parlare, anzi addirittura scrivere nei simboli, partito Rossi o partito Bianchi o partito Giufà, con il cognome del tizio. Una specie di feudalesimo, con questa sostanziale differenza: i feudatari medioevali, in caso di Crociata, partivano e combattevano e morivano in Terra Santa; questi non sono buoni manco per una guerra alle mosche; e tanto meno sanno governare la pace; e meno che meno l’economia. Era un tentativo di indicare sulla scheda quello che in finto inglese si chiama “leader”, cioè eleggere il presidente del Consiglio: ma nemmeno di questo si fece mai niente.
Dal 1992 siamo dunque al guado tra quattro costituzioni: 1.quella del 1948, tirata fuori a convenienza (vedi il mitico art. 11 dei pacifisti, letto a metà); 2.quella materiale; 3.quella del 1995; 4.il “leaderismo” di fatto. Ora ne sta spuntando una quinta, quella senza senato: sempre meglio che niente, 330 parassiti e muti in meno.
Che oggi qualche decrepito ex qualcosa, o qualche costituzionalista libresco siano pronti a battersi – a chiacchiere, s’intende – per difendere la costituzione del 1948, ciò dimostra che essi:
- Non erano in Italia quando dilagava la “costituzione materiale” fregandosene del 1948;
- Ignorano, in senso letterale, che è intercorsa la riforma costituzionale del 1995. Alla faccia dei professoroni di diritto costituzionale, e poveri i loro allievi;
- Ignorano ogni stato di fatto degli ultimi sessant’anni. Che ciuchi!
E quanti altri ottimi motivi per votare un enorme sì!
Qualche furbetto mi sussurra che con il no cade Renzi. Bravi, così tornano D’Alema, Prodi, De Mita, Bersani, Brunetta, Scaiola.. beh, se torna Scaiola, sarà a sua insaputa come l’email di De Maio.
Ulderico Nisticò