Cosa sappiamo del Brasile?


Detto in generale, gli Europei e gli Italiani prestano distratta attenzione all’America Latina, e per loro, alla fine, l’America sono gli Stati Uniti. Gli Italiani tutti hanno dei parenti emigrati, ma, sempre detto in generale, succede come ai fratelli di mio nonno, che, entrambi farmacisti, andarono uno in Argentina, e l’altro a San Paolo del Brasile, ma è dal 1930 che non abbiamo e non cerchiamo notizie. Ma gli avi del papa sono emigrati piemontesi; e il presidente argentino, Macrì detto Macri, è originario di S. Giorgio Morgeto. Argentina e Uruguay hanno circa metà della popolazione di origine italiana, anche se, quasi sempre, la classe dirigente è rimasta quella di origine creola spagnola.

L’Italia non ha mai avuto una forte politica estera nei confronti delle Americhe; nemmeno Mussolini, che badò solo all’Argentina: questa, in cambio, fu il solo Stato americano a non dichiarare guerra all’Italia nel 1941. Bisognerebbe fare di più.

Il Brasile, nell’immaginario, è calciatori e feste carnascialesche. E invece è vasto 25 volte l’Italia, e conta 210 milioni di abitanti; e mostra un paradossale quadro di grandi ricchezze potenziali e attuali, e dall’altra parte immani sacche di masse abbandonate a se stesse.

Si rese indipendente dal Portogallo nel 1824, pacificamente, ed eleggendo imperatore il secondogenito del re, Pedro I, cui successe il figlio Pedro II. Questi sposò, nel 1843, Maria Cristina di Borbone Due Sicilie, figlia di Francesco I e quindi zia del regnante Ferdinando II, che si rese così amata e popolare da essere detta Madre dei Brasiliani. Januaria, zia dell’imperatore, sposò Luigi, zio di Ferdinando II. Ma, come tutti i matrimoni dei Borbone, queste parentele non ebbero effetti politici.
Pedro venne abbattuto nel 1889 dai latifondisti, che si opponevano alla liberazione degli schiavi. Il Brasile repubblicano ebbe una vita politica travagliata, come del resto quasi tutti gli Stati latino-americani, tra democrazia e colpi di Stato militari.
Per venire a tempi recenti, e dopo il governo di sinistra di Lula da Silva, dal 2002, e della Rousself fino al 2016 (poi destituita per corruzione), oggi il Brasile ha eletto, con netta maggioranza, Jair Bolsonaro, di origine italiana, di estrema destra.

La prima causa di tale così netta inversione è il fallimento delle utopie. Di utopie è ricchissima la fantasiosa America Latina; e le utopie spesso si concretizzano, e quando si concretizzano provocano disastri.
Alla crisi economica, che colpisce i poveri e non i ricchi, si aggiunga il dissesto dell’ordine pubblico, con 60.000 omicidi l’anno scorso!
Per completare il quadro, Lula è ospite delle patrie galere per reati non politici, ma di mangia mangia in privato.

Ecco perché, al primo turno, Bolsonaro ha ottenuto un’affermazione poco meno che maggioritaria, e poi ha stravinto. E non tentate di applicare logiche da volantini anni 1970: se ha stravinto, non è possibile che i ricchi abbiano votato per lui e i poveri contro, perché ciò vorrebbe dire che in Brasile ci sono tantissimi ricchi e pochi poveri, il che non è manco nel Paese dei Balocchi, figuratevi in Brasile. Invece per Bolsonaro hanno votato anche poveri e neri e gay ed emarginati eccetera, evidentemente delusi da Lula e compagni.

Un giornalisti serio, di quelli che fanno parlare solo per radio alle sei di mattina, poi cala la censura, ha fatto notare un fenomeno di cui qualcuno si dovrebbe preoccupare: decine di milioni di Brasiliani, soprattutto di ceto medio, hanno abbandonato il cattolicesimo per qualche setta protestante; e hanno votato Bolsonaro.

Io, al posto di qualcuno, mi darei a profonde analisi. A naso, mi pare l’insuccesso della “teologia della liberazione”, che, nata con tutte le buone intenzioni, divenne una specie di gara e concorrenza con il comunismo a chi sia più comunista: e, come in Italia, anche in Brasile i due concorrenti hanno perso tutti e due, essendo entrambi portatori di rovinose illusioni, di quelle buone intenzioni di cui è lastricata la strada dell’Inferno. Tipo marcia della pace di Assisi con la maglietta del povero Che Guevara morto con il mitra in mano!

Nessuno sospetti di me: io aspetto di vedere che farà, Bolsonaro, e non ho simpatia preconcetta; infatti, l’unico movimento sudamericano che si avvicina al mio mondo diciamo qui nazionalpopolare è il peronismo argentino, e dei governi militari e di quelli più o meno sedicenti di destra, da quelle parti, dubito.
Per ora, vedo nella vittoria di Bolsonaro la sconfitta, l’ennesima sconfitta mondiale, di sognatori, utopisti, buonisti, terzomondisti, immigrazionisti, parolai e roba simile.

Ulderico Nisticò


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