Coronavirus, uno “scudo” genetico ha protetto il Sud: “Combinazione di ambiente e Dna”


C’è anche uno “scudo genetico” tra le ipotesi per cui il Sud Italia potrebbe essersi salvato dal ciclone coronavirus. «L’idea è quella di una interazione tra dna ed ambiente, che avrebbe disegnato in modo profondamente diverso la mappa dell’epidemia nel nostro Paese», spiega il dottor Pierpaolo Correale, direttore dell’oncologia del Gom di Reggio, coinvolto nel progetto di ricerca (il lavoro è stato presentato dal prof. Antonio Giordano, direttore dello Sbarro Institute e professore ordinario di Anatomia Patologica dell’Università di Siena e ne fa parte anche fa la dott.ssa Rita Saladino, della Tipizzazione tissutale del Gom).

«Il fenomeno osservato, chiamato impropriamente “scudo genetico”, consiste nell’identificazione di Alleli HLA (Human Leucocyte Antigen) a rischio nelle aree del Paese affette dall’epidemia. L’HLA controlla la risposta immunologica dell’organismo.

Può essere considerato atecnicamente – spiega Correale- una sorta di “tesserino immunitario” ereditato dai genitori che definisce la risposta ad agenti ambientali, patogeni e alterazioni molecolari pericolose per l’organismo. Per tale motivo, è considerato elemento fondamentale nell’esecuzione dei trapianti di midollo».

In un recente lavoro pubblicato sulla prestigiosa rivista “International Journal of Immunotherapy”, ad opera sua e di altri collaboratori a livello nazionale, viene dimostrato che la risposta ai farmaci immunoterapici di recente introduzione nella pratica clinica è specificamente correlata alla presenza di alcuni di questi HLA. Spiega Correale: «Questa esperienza ci ha portato a confrontare l’incidenza di covid con la presenza (prevalenza) di particolari alleli espressi nell’ambito dei registri nazionali dei donatori di midollo e che presentavano differenze interregionali e interprovinciali sostanziali.

In particolare, sono stati identificati due alleli a rischio che sono molto espressi nelle regioni del Nord e poco espresse nel centro sud e nelle isole. Allo stesso tempo, all’interno della stessa Regione, la presenza degli alleli a rischio muta tra province confinanti. Il tutto è mantenuto in stretta correlazione con l’esplosione dell’infezione da covid proprio nelle aree dove gli alleli a rischio compaiono maggiormente».

Che valenza dare a questi dati? «Sono in piena linea con numerose osservazioni internazionali e saranno riconfermati in studi clinici sperimentali. La parola “scudo” non è stata utilizzata per sostituire impropriamente la parola immunità o corazza, o addirittura “scorza”, ma solo una maggiore refrattarietà a sviluppare la malattia in forma aggressiva. Tali dati possono essere dimostrati sulla base dell’evidenza empirica se, guardando non troppo lontano, si tiene a mente l’esperienza delle locali rsa: Villa Torano Castello (Cs), Chiaravalle (Cz) e Melito Porto Salvo (Rc) dove, nonostante l’alta percentuale di infetti, non si sono verificate le attese carneficine. Si tratta – comunque- di studi che sono ancora in corso di evoluzione; non devono essere sfruttati a scopo politico e non devono autorizzare nessuno ad ignorare le regole di contenimento».