Codice rosso


Se un tizio X mi importuna o minaccia per un qualsiasi motivo, e io mi rivolgo, da buon cittadino, ai carabinieri, è alta la probabilità che un primo intervento della giustizia si lasci attendere mesi e mesi, con rinvio eccetera; e che nel frattempo X possa continuare a minacciarmi e importunarmi; e che io, se la minaccia dovesse divenire violenza, subisca ferite. Ma è anche facile (molto più facile) che io mi difenda in tutti i modi e con ogni immaginabile esito.

Tante donne, che pure si erano rivolte alla giustizia, sono state violate o uccise “nel frattempo” che l’avvocato del violatore otteneva qualche rinvio con un pretesto qualsiasi; o piluccava la scarcerazione del colpevole per una toppa psicanalitica.
Benissimo dunque aver proposto e attuato il cosiddetto Codice Rosso a proposito di violenze e minacce contro le donne. E che il provvedimento, ad horas, sia legge.

Perché la penso così? Perché, da che mondo è mondo, solo la paura frena gli istinti di violenza in genere; e, sempre in genere, chi pratica la violenza contro le donne, è uno che ha paura; e sulla paura bisogna fare leva. Paura è solo quella di guai immediati, mentre ogni forma di rinvio tranquillizza il colpevole. Ovvero, se un uomo violento pensa che sarà condannato tra cinque o dieci anni con perdonismi vari, se ne impipa; se pensa che passerà subito un guaio, non tanto.

Come si fa a passare un guaio subito? Beh, basta essere sottoposto a stretta sorveglianza, anche prima del procedimento legale; basta una convocazione in caserma, ed essere adeguatamente avvertito.

Così il Codice rosso può agire anche più rapidamente e in modo risolutivo.
Conclusione: è un altro ottimo provvedimento, e, finalmente, dalla parte delle vittime, e non, come certe leggi e interpretazioni di giudici allegri, dalla parte dei colpevoli.

Ulderico Nisticò


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