Da alcuni giorni è ritornato in auge il progetto del ponte sullo stretto. E così son tutti pazzi per il ponte, quasi come folgorati da un’apparizione mistica, dalla Santelli a Franceschini.
Evidentemente aver dilapidato 300milioni di euro tra consulenze e progetti del tutto inutili, non è ancora sufficiente.
Corsi e ricorsi storici che portano, nei momenti di crisi, a rispolverare una vecchia favola, per distogliere l’attenzione dalla vergognosa arretratezza delle infrastrutture nel meridione.
Una zavorra per chi vive in regioni come la Calabria, dove le reti di collegamento sono sostanzialmente rimaste quelle del regno delle due sicilie.
Con “Panem et circenses”, i Romani distraevano il popolo, con il “ponte sullo stretto” si distraggono i Calabresi affinché dimentichino una statale 106 che dopo circa 100 anni non solo non è terminata, ma versa in uno squallido stato di abbandono.
Un abbandono che, tuttavia, sta bene a tutti, visto che i comuni che vantano un tratto nel loro territorio, invece di protestare, “approfittano” delle sue condizioni vergognose, per ripianare le casse comunali con autovelox più o meno selvaggi. Praticamente si lucra sull’inefficienza.
Sul versante tirrenico tutt’altra storia. Abbiamo quella che pomposamente viene definita “autostrada”, ma che è più simile alla fabbrica di San Pietro. Simbolo imperituro del disinteresse dell’Anas per la Calabria, con larghi tratti incredibilmente sotto sequestro non solo perchè pericolosi ma perchè eseguiti “in totale spregio del rischio idrogeologico”.
E ci fosse stato un solo presidente di regione che si sia mai indignato – sostiene Francesco Di Lieto, vicepresidente nazionale del Codacons.
I Calabresi amano genuflettersi, tranne quando si tratta di riaprire i bar.
Certo quando sarà finalmente terminata l’autostrada, sarà già antiquata per via delle corsie d’emergenza, spesso inesistenti, o dei guardrail non a norma o, peggio, per la terza corsia spesso solo un ricordo. Ma, in fondo i Calabresi sono esseri inferiori.
Sugli aeroporti preferiamo glissare, anche perchè usare il plurale appare già un esagerato ottimismo.
Proviamo, quindi, a seguire il ragionamento del Ministro Franceschini che, se non ricordiamo male, dovrebbe essere quello che rimase in religioso silenzio quando gli si chiedeva di intervenire per tutelare la nostra storia e fermare una cementificazione selvaggia in area archeologica… evidentemente il ministro non deve avere un gran “feeling” con la Calabria.
Ma, a prescindere dal passato, ci chiediamo come sia possibile che un ministro della Repubblica racconti la favoletta che il ponte serva per garantire l’alta velocità ferroviaria.
Evidentemente non ha mai usato il treno per arrivare in Calabria e, ovviamente, si è ben guardato dal salire sui carri bestiame che percorrono la tratta jonica.
Ma di qual alta velocità stiamo parlando – si chiede il Codacons.
La velocità, come il Cristo di Levi, si è fermata ad Eboli.
Altro che Frecciarossa, possiamo metterci anche una Ferrari ma se i binari sono quelli posizionati dai Borboni…
Ed allora perché Franceschini, invece di raccontare una favola che a distanza i 50 anni comincia a diventare stancante, non pensano a migliorare le reti di collegamento stradali e ferroviarie che versano in condizioni pietose.
Incomprensibili, poi, sono le motivazioni che spingono il presidente della regione Calabria a reclamare un’opera che permette di uscire dalla Calabria… ma tant’è.
Tuttavia continuare a raccontare favole finisce per calpestare la dignità di chi, ogni giorno, è costretto a spostarsi, in auto o in treno, per la nostra regione.
Se poi il Ministro Franceschini si prendesse la briga di verificare la trasversale delle Serre o la superstrada Marcellinara-Piano Lago, si accorgerebbe che queste infrastrutture esistono solo sulla carta, per non parlare, infine, dei tanti viadotti che minacciano di cedere per l’atavica assenza di manutenzione.
Solo dopo che avremo migliorato questa rete obsoleta e vergognosa, che costituisce un pessimo biglietto da visita per chi decide di recarsi in Calabria, si potrà pensare a quella vecchia favola del ponte.