Salvini viene indagato per non aver fatto sbarcare degli stranieri clandestini; ieri invece arrestano tre egiziani per aver favorito l’immigrazione clandestina. Insomma, la clandestinità un giorno è reato e l’altro no; anzi, per le anime belle, è un merito. Questa è come la droga, che uno la può tenere ma non la può vendere, e nemmeno regalare. Leggi schizofreniche, giurisprudenza creativa, fantasiosa e da salotto.
La legislazione italiana sull’argomento è venuta su come i dolci chiamati Saint Honorè: a strati; un giorno così e un giorno il contrario… no, magari fosse il contrario; è solo diverso. Se Salvini impedisce gli sbarchi, è reato; se li impedisce Minniti, santo subito! Stesso identico problema, due atteggiamenti opposti. Certezza del diritto, a salti di canguro; giurisprudenza diciamo così soggettiva!
Gli immigrazionisti, quando non sanno che dire di giuridico, la buttano sulla moralità, sull’umanità… tutte cose belle ma molto vaghe, e che comunque non hanno valenza giuridica. O vanno a scavare articoli costituzionali scritti nel 1947 in condizioni del tutto diverse dal 2018, e senza alcun riferimento ai migranti; o convenzioni del 1951, fino a ieri del tutto dimenticate.
Così arrestano chi favorisce l’immigrazione clandestina, però sono favorevoli all’immigrazione qualsiasi, anche, e soprattutto, clandestina.
Serve un’operazione giustinianea. Le leggi romane, dai tempi di Romolo al grande imperatore (527-65), per quanto ottime, si erano un poco incartate, sovrapposte, confuse. Dopo un precedente tentativo di Teodosio II, Giustiano scrisse ed emanò un Codice che metteva ordine nella legislazione, ed evitava contraddizioni.
A noi urge una simile operazione in moltissimi campi del diritto. Qualcuno ha contato leggi a decine e centinaia di migliaia, compresa quella dei numerini dietro le auto e dei fari accesi; gran parte, leggi scordate, ma di cui qualcuno all’improvviso si potrebbe ricordare.
Si aggiungano interpretazioni più o meno vaghe, e giudici che, per quanto degnissime persone, magari non hanno adeguati studi di filosofia del diritto e di filosofia in genere. E tre organismi rivelatisi spesso contraddittori e pericolosamente interpretativi: la Corte Costituzionale, la Cassazione e il TAR del Lazio.
È ora di chiarire che i giudici non fanno le leggi, ma le applicano. E che niente è più sconcertante per i cittadini di una legislazione per cui due giudici dello stesso luogo geografico, la Sicilia, di fronte allo stesso caso, la nave Diciotti, assumano due atteggiamenti del tutto conflittuali. Giustizia a tiro di dadi?
Ci vuole un testo unico della cosiddetta immigrazione, a cominciare da questo ambiguo termine: immigrato è uno che viene dall’estero per vivere in Italia; per chi viene, esistono leggi romane, che distinguono il “civis” dal “peregrinus” legalmente presente, e chi sia “hospes”, cioè straniero provvisoriamente presente.
Tra questi, i richiedenti asilo per giuste e comprovate ragioni; ma se uno richiede asilo per giuste ragioni, non c’è motivo per cui arrivi clandestino, pagando fior di soldi a scafisti e mafie estere e italiane. Se ha diritto (circa il 2%), bene; se non ha diritto, no. Ma se tutti gli arrivati si dichiarano profughi, e poi la cosa si trascina da un tribunale all’altro, per arrivare magari a TAR, Cassazione e Corte Costituzionale; allora la gente, in testa chi scrive, ritiene che le leggi sono state scritte per favorire le truffe. Per impedirle, serve una legge di pochissimi articoli e pochissime parole, con abrogazione istantanea di tutto l’apparato attuale. Insomma, ci pensi Giustiniano; avendone uno, magari…
Ulderico Nisticò