Clandestini, umana pietà e soluzioni serie


Vi siete accorti che ormai stampa e tv ormai raccontano con distrazione la notizia di decine e centinaia di morti in mare? Quasi fosse banale che ogni giorno tanti ne muoiano; e banale che tantissimi arrivino in Italia ogni giorno, a onta del tentativo renziano di negare l’evidenza. Vengono: chi e perché?

Una bimba di pochi mesi, giunta sola a salvamento, ha suscitato una gara di solidarietà, e in tanti vorrebbero adottarla. La stampa e la tv ce lo ripete, e fa bene. Eh, niente di più naturale e spontaneo e antico dell’adozione di bambini abbandonati: non l’ha inventata il buonismo contemporaneo. La praticano gli animali, persino con cuccioli di specie diverse.

 Quello che non riuscirà mai a commuovermi è lo spettacolo di giovani di trent’anni, in ottima salute, che chiedono l’elemosina o fanno i posteggiatori abusivi. Si può sulla faccenda anche riflettere, ma commuoversi, mai.

 Allora, ragioniamo. Cosa può indurre il suddetto giovanottone a pagare un pacco di soldi per rischiare di morire? La paura di morire a casa, magari per guerra? Beh, morire per morire, a casa è gratis.

 A parte che la guerra è in Siria, in qualche area dell’Afghanistan; ma non in Kenya, non nel Bangla Desh eccetera. E allora?

 E allora è ovvio che l’organizzazione dei turpi scafisti illude quei poveracci con la promessa di un futuro in Europa comodo e roseo, con lavoro leggero, donne leggerissime, cellulari e febbre del sabato sera. Del resto, è l’immagine che l’Europa dà di sé con la pubblicità.

 A proposito: gli scafisti commettono delitti secondo ogni consuetudine e diritto della navigazione fin dai tempi dei Fenici, per il solo fatto di caricare persone oltre la capienza dei natanti. Ma è molto raro sentire che uno scafista sia stato condannato a un mucchio di anni. Anzi pare che l’argomento scafisti non interessi molto né la politica né la stampa né la magistratura.

 Perché non andiamo a prendere direttamente in Libia gli aspiranti ospiti? Ma perché gli scafisti non lo permetterebbero per non perdere il guadagno, e dovremmo persino combattere contro di loro; e ve li figurate gli strilli, se un soldato italiano facesse fuori uno scafista libico in Libia?

 Poi arrivano, quelli che arrivano, e li manteniamo a mangiare e dormire. Eh, ma un essere umano non gli basta dormire e mangiare; deve pur fare qualcosa, dalla sveglia all’ora di andare a dormire: di questi tempi quasi estivi, 16 ore pro die a girarsi i pollici.

 Non risulta che l’Italia cerchi braccia da lavoro; e tanto meno lavoro qualificato, con migliaia di ragazzi laureati e a spasso: ammesso che siano qualificati, i cortesi ospiti!

Attenti: in Italia trionfano retorica e politicamente corretto. Ma in Austria, in Polonia, in Ungheria eccetera sono contro o la maggioranza o grandissima parte della pubblica opinione; e lo dicono molto chiaramente. Prima o poi, si rompe un equilibrio psicologico che si regge giusto sulle belle parole.

  Quello che Renzi chiama, sia pure in anglo toscano, “migration compact”, è l’unica soluzione possibile: vuol dire paghiamo i Paesi africani e asiatici affinché impediscano le partenze, e, con le partenze, tre casi:

  • Si arricchiscono i scafisti;
  • Muoiono in mare dei poveracci;
  • Vengono in Europa senza averci nulla da fare. Vengono in Italia, perché altrove pare che non li vogliano.

 Pagare? Eh, scusate, se la stampa afferma che in Africa si vive con un dollaro al giorno (0,85 euro), basta fare un calcolo. In Italia ogni “migrante” costa 35 euro, dunque con uno in meno in Italia ne manteniamo almeno 40 in Africa. Quelli che, “volontari”, lucrano sui 35 euro, beh, si cerchino un altro lavoro. Scusate l’errore: si cerchino un lavoro.

 I lettori sono liberi di pensare che io sia crudele e senza cuore. Sempre più cuore di chi per buonismo campato in aria e utopie irrealistiche (e delinquenza!) sta causando ogni giorno un numero imprecisato e crescente di morti in mare.

Ulderico Nisticò


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