La nave incognita ci ha lasciati: buon viaggio. Mentre dal Lungomare tutti davano un’occhiata distratta, e qualcuno elaborava illazioni, io riflettevo che l’ultimo natante di quelle dimensioni nella nostra rada fu la Palinuro, quasi vent’anni fa; ed entrambi i bastimenti in parola erano di passaggio.
Ai tempi dei Siculi… beh, non prendiamola così alla lontana: nel 1811, Soverato, la cui piccola zona costiera si chiamava S. Maria di Poliporto, venne dichiarata porto dal governo di Murat; e confermò quello delle Due Sicilie borboniche dopo il 1816. Fin quando visse il Quarzo, attraccavano imbarcazioni per portare la merce fino a Pisa.
Erano marinerie commerciali attive, sullo Ionio, Siderno, Roccella, Catanzaro Lido, Crotone, Corigliano; e molti altri luoghi attiravano la pesca.
Dopo di che, le navi sono sparite dallo Ionio, e con esse tutta la gente di mare e le variegate e articolate attività legate ai trasporti per il regno del dio Nettuno. Al loro posto, per qualche decennio funzionario i treni, anch’essi oggi molto rarefatti; e il non moltissimo traffico è gestito dai TIR, e su strade degli anni 1930: ottime strade, nel 1930, ma pensate e realizzate quando i trasporti si facevano per treno, e per mare. E comunque rimaste al 1930-40.
Io pensavo, guardando la nave di passaggio, che da sola sostituirebbe un bel po’ di autotreni: un solo motore invece di tanti motori. Ma guarda un po’: di questo inquinamento non si preoccupa nessuna Greta da invitare in senato? Come mai?
Ogni tanto qualcuno, in vena di titoli sui giornali, si ricorda delle “autostrade del mare”, e giù convegni segue cena, e interviste a fiumi. Poi il mare, non più solcato, torna, anzi resta nella calma piatta.
L’Italia ha abbandonato il mare; e peggio fa la Calabria, a parte l’illusione parolaia del turismo, quindici giorni di bagnanti spessissimo in nero.
E c’è un essenziale corollario: è venuto meno il ceto dei marinai, con le sue devozioni e tradizioni e abilità; uomini duri e decisi!
Oggi che sono in vena di citarmi, ecco dal mio romanzo L’ospite:
“Ci vogliono navi e buoni marinai”. “Le navi ci vogliono: i buoni marinai li fa il nostro mare!”
Vedetene uno ottocentesco, il mio bisnonno Giuseppe Fragomeno, di Siderno.
Ulderico Nisticò