Che fan qui tante peregrine spade?


 Così lamentava, nel XIV secolo, Francesco Petrarca; e attenti a non giocare con le parole: il sommo lirico non piange che in Italia ci sia la guerra – da buon conoscitore della storia, sa che sempre ci fu e dovunque – ma che la guerra non la facciano gli Italiani, bensì i mercenari stranieri.

 Anche Dante, nel VI del Purg., depreca le guerre intestine; ma almeno era roba nostra, con truppe italiane contro truppe italiane; e si vanta di aver combattuto a Campaldino contro gli Aretini. Il Petrarca, uomo pacifico e ragionevole (e perciò ammirato e rigorosamente evitato da Laura!!!), tratta il problema delle compagnie di ventura.

 Che era successo? Che, sul finire del XIII secolo, i Comuni stavano diventando Signorie; e i signori non avevano alcun interesse a mantenere milizie cittadine, temendo che prima o poi si rivoltassero contro; e assoldavano soldati (da soldo!), meglio se oltramontani. Non mancava la materia prima: i Tedeschi di Arrigo VII, poi quelli di Ludovico il Bavaro, poi i combattenti disoccupati della Guerra dei cento anni durante le lunghe tregue; infine gli Svizzeri, che allora, e oggi, neutrali ma non pacifisti, si prestarono a tutte le guerre d’Europa (era svizzero il Reynier, comandante delle truppe napoleoniche contro gli insorti calabresi), e tuttora difendono in armi il papa; e mica solo con le alabarde. L’ultimo periodo d’oro dei mercenari furono gli anni 1960 in Africa, e molti dei miei coetanei e io cantammo, dal Bagaglino, “Son morto nel Katanga… ”, eccetera. Cuba, prima di mandare medici ad Occhiuto, mandava soldati a pagamento per le guerre sovietiche nel caldo africano, dove russi e siberiani si sarebbero squagliati dal sole. Le vicende della Compagnia Wagner sono di cronaca attuale… e anche di cronaca nera.

 Il Petrarca condanna dunque i mercenari stranieri, le “peregrine spade”. A che serve questa dottissima lezioncina di storia? Ora ve lo spiego, parafrasando messer Francesco in:

che fan tanti tacchetti peregrini?

 Non c’è squadretta di calcio di infima serie che non schieri dei forestieri più o meno superpagati. I calciatori italiani [e anche i proprietari italiani di società] sono rimasti così pochi che per forza Spalletti deve raschiare il barile a mettere in campo quello che ha, che, come abbiamo visto, non è un granché, Donnarumma a parte.

 Il Petrarca era anziano quando Alberigo da Barbiano, conte di Conio (così sbugiardando Dante di Purg. XIV), creò la prima compagnia italiana, da cui derivarono tutte le altre spade nostrane.

 Vi viene un’idea? Ma sì: mettiamo un secco limite agli stranieri per squadra; e riapriamo le scuole calcio, anche per educare i ragazzini e sottrarli alla strada e alle opinioni da tema in classe. Lo si fece nel 1962, dopo la legnata

 Alberigo, dove sei?

Ulderico Nisticò