Caro Tito, adesso che sono e mi sento in piena “zona Cesarini” (cioè alla metaforica conclusione della vita, nei suoi inattesi tempi supplementari) posso ben dire che in tutta la mia esistenza ho cercato (sempre, ovunque e comunque) non soltanto di essere autenticamente me stesso ma anche di farmi onore, pure per il buon nome e la buona reputazione della famiglia e della Calabria. Come già sai per precedenti e numerosi scritti, mi sento profondamente e convintamente calabrese non soltanto perché le mie generazioni affondano le radici anagrafiche in suolo calabrese da almeno quattro secoli (presenza documentata già dal 1600 in Santa Caterina dello Jonio e in Badolato fin dalla metà del 1700), ma anche perché orgogliosamente soffro da sempre di “calabresìte acuta” ed inguaribile!… Pienamente cosciente di tutto ciò che comporta storicamente e geograficamente l’essere calabrese.
1 – ESSERE CALABRESI OGGI
Infatti, ovunque ci troviamo ad agire, noi calabresi ci siamo sempre trovati a dover dimostrare che siamo veramente bravi, più che gli italiani di altre regioni. E questo perché non soltanto siamo gravati dalla notoria presenza della mafia-ndrangheta (fenomeno relativamente assai recente rispetto ai millenni di civiltà del nostro popolo), ma anche perché, fin dall’antichità, la Calabria è stata sempre calunniata e messa in cattiva luce per molteplici motivi e forse anche per un certo troppo esagerato nostro orgoglio di appartenenza (pare che siamo proprio noi calabresi ad amare di più la propria Terra, nonostante tutto). Riguardo la cosiddetta “mafia o ‘ndrangheta” che è sicuramente riprovevole e che ci viene rimproverata da altri popoli … costoro forse non si accorgono come e quanto al loro interno ci sia qualcosa di equivalente, dal momento che produce (pur con altri metodi, magari più impercettibili) le medesime conseguenze e forse anche di più. Pure in fatto di “mafia” (sostanziale) nessuno può veramente scagliare la prima pietra!
Alcuni ritengono che siano stati per primi gli antichi Romani a parlare male di noi perché abbiano resistito alla loro conquista più degli altri popoli. Mentre, ad esempio, in Sicilia e in Campania hanno lasciato intatti i monumenti greci o delle precedenti civiltà, da noi hanno raso al suolo tutto, sotto l’imperativo della cosiddetta “damnatio memoriae” (condanna della memoria, letteralmente). Si dice che abbiano persino sparso il sale sulle rovine affinché tutto fosse “cancellato” o “bruciato e incenerito” (pure da fuoco vero). Dunque, essere calabrese oggi (dentro e fuori i confini regionali) è per noi un impegno più che raddoppiato.
2 – IL GRANDE PARADOSSO STORICO
A volte la Storia si diverte molto con i suoi paradossi. Infatti, per paradosso, è proprio la Calabria (una regione piccola ma così tanto vituperata, oltraggiata ed offesa fin dagli antichi romani) che ha dato non soltanto il nome all’Italia intera … ma anche un fortissimo contributo particolarmente fondante della nostra civiltà occidentale! Tuttavia, pregiudizi e ignoranza imperante ci condannano ad una pessima fama (che pochi contrastano e lo dovrebbero fare prima di tutto le Istituzioni regionali e altre entità ufficiali).
E – ironìa della sorte! – sono stati proprio i romani, con l’imperatore Ottaviano Augusto (63 a. C. – 14 d.C.), ad estendere il nome ITALIA (nato, ribadisco, nell’istmo di Squillace – Lamezia quasi 4 mila anni fa) fino alle Alpi e poi persino a Sicilia, Sardegna e Corsica. Ed oggi è con il “nostro” nome ITALIA che veniamo tutti conosciuti nel mondo! E’ il nome ITALIA che viene gridato ovunque, anche sulle gradinate degli stadi e sulle piazze o a casa negli appuntamenti sportivi internazionali importanti come questa notte allo stadio di Wembley nell’incontro di calcio Italia – Inghilterra valido per il titolo di Campioni d’Europa, vinto dalla nostra Nazionale per 4 a 3. E’ il nome ITALIA che unisce genti e mentalità differenti e spesso opposte! … Purtroppo, dopo oltre 2200 anni, non riusciamo a cancellare il triste ed ingiusto marchio impresso a fuoco sulla pelle della Calabria dai romani prima e poi anche da altri popoli razziatori, fino ai Piemontesi e altri popoli della padania dal 1860 (non ultima e più recentemente la Lega fondata da Umberto Bossi).
Ed è proprio per scrollarci tale immeritata infamia storica che dal 1983 cerco di infondere in tutti i calabresi l’orgoglio di essere stati proprio e solo noi a dare nome ITALIA (e tanta parte di civiltà) a tutta la penisola e alle isole. Sperando che con una simile maggiore e migliore consapevolezza, sia le istituzioni regionali che i cittadini avessero potuto e possano ancora superare la “dannazione storica” iniziata nel 202 a.C. con la conquista romana della nostra Terra (ricca di braccia, intelligenze, minerali, boschi, acqua, fertile agricoltura e clima mite). Ecco pure perché insisto nel proporre di denominare ufficialmente l’ente regione CALABRIA PRIMA ITALIA, per dare maggiore e migliore giustizia storica e visibilità alla vera natura del nostro popolo.
3 – DAMNATIO MEMORIAE O CALABRIA DA ANNULLARE
Nella Roma antica (in casi bene o male ritenuti gravissimi) veniva decretato di cancellare ogni ricordo (ritratti, iscrizioni, segni di presenza e di esistenza) dei personaggi o dei popoli invisi al Potere. Tale “damnatio memoriae” non era una cosa estemporanea o episodica ma era prevista nientemeno che dallo stesso “Diritto romano” secondo il quale le persone o i popoli “colpevoli” o “invisi” dovevano essere dichiarati ufficialmente addirittura come “mai esistiti”.
Caro Tito, se ci pensi bene, tale “cancellazione” di una persona dalla memoria esiste ancora nella nostra cultura nazionale come antica eredità romana. Infatti, quando una persona ci ha fatto troppo male, noi la cancelliamo “in esterno e in interno” (cioè nel nostro cuore e nella nostra mente ma anche nei segni visibili che la possano ricordare). Inoltre e solitamente, per annullare al massimo tale persona che riteniamo ci abbia danneggiato, si innesca tutto un processo di diffamazione e di calunnia per cui la persona colpita (a torto o a ragione) è costretta a lasciare quell’ambiente. Attorno si fa (come si suole dire) “terra bruciata”. Nascono anche così ulteriori e immeritate occasioni di emigrazione o di esilio, di abbandono del proprio paese. Nell’antica Grecia, ciò veniva chiamato “ostracismo” ovvero la messa al bando e l’allontanamento (forzato o volontario) di chi veniva ritenuto indegno di appartenere “moralmente” o “politicamente” ad una comunità. Spesso tale trattamento era del tutto ingiustificato (per vari motivi, non ultimi quelli politico-sociali). A volte era un metodo per allontanare un avversario scomodo o solo per confiscare i suoi beni.
4 – DAI ROMANI AI PIEMONTESI E AD ALTRO IMPERIALISMO
Quindi, tale tentativo di cancellare una persona o un popolo non è, storicamente, soltanto una cosa romana o greca, ma è da ritenere sia stata e continua ad essere pure adesso un astuto espediente o un mezzo assai efficace per fare una specie di “pulizia etnica” delle persone e dei popoli scomodi … persino o soprattutto con lo scopo di appropriarsi di ricchezze e risorse, levando di mezzo intelligenze, dissidenti ed oppositori!… Tale “pulizia etnica” rasenta veri e propri crimini contro l’umanità o autentici genocidi (come recentemente è accaduto specie nella ex Jugoslavia nei primi anni novanta, in Burundi e Ruanda, in Palestina, in America Latina, particolarmente in Argentina con i cosiddetti “desaparecidos” dal 1976 al 1983). Come possiamo vedere, la “damnatio memoriae” non comporta soltanto la cattiva fama ma anche la soppressione fisica. O la deportazione (come pare sia successo ai bruzi-calabresi che nel 202 a.C. sono stati trasferiti in massa nelle terre dell’attuale Abruzzo e Molise per colonizzare e sfruttare territori similari ai nostri).
Infatti, se ci pensiamo con più attenzione, storicamente nel 1860 i Piemontesi o i Savoia, per conquistare con più facilità anche “falsamente morale” il Sud Italia o il Regno delle Due Sicilie non hanno soltanto ucciso e deportato ma hanno così tanto infamato il popolo meridionale da ritenerlo addirittura indegno di esistere, attuando tutta una serie di dicerie secondo cui noi eravamo così tanto ridotti male che avevamo addirittura bisogno di loro per essere (finalmente!) civilizzati. Dobbiamo così ringraziarli per essere venuti a salvarci e a spogliarci!… Parecchi storici hanno scritto su tale aspetto infamante. In particolare lo ha fatto, assai compiutamente e in modo raccapricciante, il sociologo calabrese Antonio Grano (1938 – 2014) che ha documentato tutte le calunnie e le ingiurie dei Piemontesi verso il nostro popolo meridionale nel suo libro “Le parole sono pietre” (2012 – pagine 388 con ben 1350 citazioni da documenti ufficiali italiani ed esteri).
Tale tattica infamante viene usata ancora adesso con qualsiasi popolo da rapinare, affermando che ha bisogno di soccorso, di sostegno, di essere persino “salvato” o addirittura “civilizzato” o “democratizzato”!!!… Per sottomettere (e depredare) un popolo non c’è migliore tattica o strategia che sminuirlo o addirittura ritenerlo indegno di stare al mondo. E’ successo così pure con l’Africa, con l’America Latina, con gli Indiani nativi di Stati Uniti e Canada e con qualsiasi altro popolo da colonizzare (per sottometterlo e rapinarlo meglio), non ultimi alcuni Paesi dell’Asia e dell’Oceania. Alla base del colonialismo e dell’imperialismo da rapina c’è prima di tutto la forte ed ossessiva denigrazione massima dei popoli da colonizzare. Assistiamo addirittura alla spregiativa classificazione dei popoli, secondo cui uno solo o pochissimi sono i Grandi, gli altri sono solo “etnie” (antropologicamente di serie A – B – C – D ecc.) da sviluppare e da salvare, ma in realtà da sottomettere e da depredare sistematicamente con ogni mezzo. Un sistema perverso, diabolico, criminale!
5 – L’INVIDIA E LA REPUTAZIONE
A volte, quando si invidia fortemente una persona o un popolo (al limite dell’odio, anche razziale) se ne infama la reputazione. Succede ancora con noi italiani, che veniamo addirittura ritenuti indegni di abitare un territorio così bello! E allora giù a dire all’estero che siamo “sporchi, brutti e cattivi” o che siamo tutti mafiosi (cosa che succede specialmente a danno dei meridionali e, in particolare, di calabresi, siciliani, campani o testa dura, espressione usata pure per gli abruzzesi e per i sardi). Insomma, a torto o a ragione, mettere in cattiva luce una persona o un popolo permette alle altre persone e agli altri popoli di autoesaltarsi e di illudersi che sono migliori di coloro che vengono denigrati.
Pure per sopportare o vincere moralmente tutto questo “martirio”, le famiglie calabresi (giusto per fare un esempio più diretto) tengono in modo particolare alla “reputazione”, aspetto che viene assai curato. Infatti, le nostre famiglie non ci raccomandano altro che dobbiamo stare attenti all’onore. Fino a qualche decennio fa, l’attributo sociale migliore era essere ritenuti “famigli onorata”. Specialmente le donne, da noi, dovevano camminare sul filo del rasoio dell’onore. E per difendere l’onore si poteva persino uccidere (come è successo frequentemente e come a volte succede ancora adesso). Questo per dire come e quanto valga la reputazione (sempre a torto a ragione). L’onore e la reputazione equivalgono pure e soprattutto l’onestà e il comportarsi in modo tale da stupire gli altri nel fare del bene e nell’essere generosi. Sono cresciuto in tale clima culturale, che ritengo pure giusto, poiché il comportarsi bene, anzi molto bene, aiuta pure la natura generosa dei meridionali (solari e spesso esuberanti). Pure per questo insisto spesso nei miei scritti nel sollecitare noi calabresi e noi meridionali a voler e dover STUPIRE IL MONDO nelle cose buone e belle!
6 – NOI CALABRESI O MERIDIONALI …
Detto ciò, noi calabresi o meridionali in genere, afflitti da tale continua e atavica maledizione o invidia storica per abitare un territorio tra i più belli e ricchi del mondo, siamo costretti a stare sulla difensiva e a comportarci bene, anzi meglio degli altri, ovunque andiamo (nel resto d’Italia e all’estero). Bisogna pur dire che nella stragrande maggioranza dei casi ci riusciamo alla grande e con estrema naturalezza (nonostante qualche eccezione). Piano piano gli italiani che si ritengono “nobili” stanno capendo il valore del popolo meridionale. Personalmente ho avuto soddisfazione da padani anziani i quali hanno ammesso che noi meridionali siamo più solari, più generosi e disponibili di loro che sono solitamente introversi. Tuttavia, siamo costretti a dimostrare (con il lavoro, il comportamento e altre doti umane e sociali) la nostra vera natura di antica civiltà altruistica.
Infatti, a parte qualche eccezione, noi calabresi o meridionali ci comportiamo molto bene, pure perché abbiamo valori umani e di civiltà assai antichi e difficilmente riscontrabili altrove, come l’altruismo e, appunto, la generosità. La congenita solarità del nostro carattere è irresistibile, alla lunga, e riusciamo a conquistarci stima e persino affetto (ma anche invidia) da parte delle comunità che ci ospitano. Per tali comunità restiamo comunque “calabresi” o “meridionali” e, purtroppo, l’integrazione o l’accettazione non è quasi mai completa. Un motivo in più, questo, per continuare a farci onore e fare onore alla nostra terra di provenienza. A volte qualcuno dei Paesi o delle comunità ospitanti ammette che siamo brave persone. Anzi, qualcuno (onesto umanamente e intellettualmente) riesce persino ad ammettere che siamo davvero un’altra civiltà!
7 – LA MIA ESPERIENZA PERSONALE
Il Molise, si sa, è appartenuto al Regno di Napoli o Regno delle Due Sicilie per molti secoli fino al 1860, sventurata data della mala-unità italiana. Tuttavia non ha ancora una vera e spiccata identità. Sembra una “terra di mezzo”. Alcuni si ritengono meridionali, altri appartenenti al centro Italia e sono lieti che in televisione le previsioni del tempo inseriscono il Molise nel gruppo delle regioni centrali. Alcuni si considerano ancora fratelli abruzzesi (per l’antica appartenenza alla regione “Abruzzo e Molise”, prima dell’autonomia regionale conquistata nel 1963) e vorrebbero tornare a riunirsi poiché ritengono che l’attuale stato di cose ha, di fatto, peggiorato la situazione.
Quando nel 1980 mi sono fidanzato con la donna che dal 1982 è mia moglie, alcune sue più care amiche la sconsigliavano di mettersi con un calabrese … perché “i calabresi sono tutti cattivi”. E non posso nascondere che ho dovuto fare molta fatica, quando è venuto il momento di abitare in modo abituale sulle montagne dell’Alto Molise. Qui ho trovato comunque persone davvero splendide, ma c’è ancora uno zoccolo duro di persone o di ambienti sociali che (dopo oltre 40 anni di presenza, più o meno continua) non riescono ad accettarmi (o meglio a “digerirmi”), non perché non sia una brava persona, ma perché sono calabrese o comunque esterno alla comunità. Ma questa è, in genere, la sorte di un qualsiasi immigrato.
8 – TUTTO IL MONDO E’ PAESE
Alla fine della mia esistenza, dopo tanta esperienza di persone e di popoli, di comunità e di civiltà, posso affermare che davvero “tutto il mondo è paese”. Ovunque ci sono persone brave o poco brave, gentili o scostanti. Tutto sommato posso dire che Badolato vale Agnone. Ciò che rovina Badolato così come rovina Agnone, così come il mondo intero sono le ideologie divisive (politiche, religiose, economiche). Sono queste che dividono o contrappongono le genti nel pianeta, nelle metropoli così come nel più sperduto villaggio montano. Dobbiamo ancora conquistare la nostra vera dimensione umana, fatta soprattutto di debolezze e difficoltà, di vita ma anche, inevitabilmente, di morte. Manca la piena accettazione reciproca e il rispetto.
Dobbiamo imparare ancora la vera solidarietà umana e sociale! Meno male che ovunque ci sono persone assai positive con la vita. Sono queste che tengono il mondo sulle spalle (come Atlante). A costoro voglio rendere omaggio, presentando in questa lettera I MIEI MAGNIFICI SETTE.
9 – DOVE VAI TU NASCONO FIORI
E comunque qui in Agnone e dintorni ho trovato tanta solidarietà umana e sociale. Certo ce ne vorrebbe di più, pure tra gli stessi agnonesi e tra i molisani delle varie zone. Ma, nonostante la situazione peggiori qui come in tutto il mondo, questo territorio è ancora ancora vivibile, però al limite di rottura, poiché ci sono segnali di rivolta, così come in molte parti periferiche d’Italia che sono o si sentono trascurate o abbandonate, addirittura depredate (come la stessa Agnone, spogliata persino di un ospedale messo su da questa comunità e non dallo Stato).
Fin dal primo giorno in cui sono venuto in Alto Molise, ho cercato di dare (come è mia natura e vocazione) il mio massimo e gratuito contributo sociale (tale e quale, come a Badolato), specialmente nella lotta contro lo spopolamento, causa principale dei danni causati a questo territorio montano già disagiato per conformazione orografica, anche se molto bello. Seguendo pure i precetti dei miei genitori (oltre alle mie convinzioni personali che mi portano a “fecondare in questo infinito il metro del mio deserto”), ho cercato di fare il mio massimo possibile pure per questo territorio, mai risparmiandomi in energie e persino in denaro che avrei potuto spendere per me stesso, la mia famiglia o per altre più utili situazioni.
Amo questi luoghi e questa gente così come amo la Calabria. Non lascio nulla di intentato, nel mio piccolo e qualche risultato l’ho pure ottenuto. Avrei potuto essere e dare di più, se gli amministratori locali fossero stati più lungimiranti. Così come avrei potuto dare di più a Badolato e alla Calabria. Ma – ho purtroppo notato – che politici ed amministratori pubblici hanno ben altro per la testa, più o meno ovunque, e devono loro stessi combattere contro le tentazioni e le patologie del cosiddetto Potere. Pochi ho incontrato disponibili, ma non hanno avuto loro stessi vita facile e sono stati estromessi dalla gestione del bene comune. Si sa il Potere è una brutta bestia, non è facile agire, pure in presenza di mille difficoltà!
Ad aprile 2021 ha fatto giusto 40 anni che sono qui in Alto Molise. Di tutto questo tempo qui trascorso (con alterne vicende) due cose mi porto nel cuore: la persona che mi ha detto “Dove vai tu nascono fiori” e la sorpresa che mi hanno fatto i “magnifici sette” amici giornalisti, che hanno voluto festeggiare il mio pensionamento il 5 novembre 2016. Certo, mi restano tanti altri bei ricordi, ma questi due autentici ed inattesi attestati di stima, di amicizia e di affetto (così tanto scaturiti da cuori generosi e sinceri) mi hanno commosso e confortato come il “dulcis in fundo” della mia permanenza in questa vita e in questo territorio.
10 – PERCHE’ ADESSO
Perché mi sono deciso proprio adesso, a distanza di quasi cinque anni, ad evidenziare questi due momenti così belli e gratificanti? … Non certo per auto-referenzialità, ma per due semplici motivi: dimostrare ai calabresi e alle loro nuove generazioni che, pure per dovere morale, ho cercato di fare onore alla Calabria e per dimostrare che, come questi amici giornalisti, esistono persone assai generose ed … “uniche” (dal momento che nessuno, né a Badolato né altrove) ha avuto mai voglia di festeggiarmi o di gratificarmi almeno moralmente, nonostante abbia speso tantissimo per il bene comune del mio paese natìo. Anzi!
Di Badolato posso soltanto ricordare una gentilezza (non un festeggiamento vero e proprio) fatta per affetto e/o per stima … quando, sabato 04 novembre 1995, l’associazione culturale “La Radice” (di cui allora era presidente il prof. Vincenzo Squillacioti) ha organizzato la presentazione del mio libro “Prima del Silenzio” (fresco di stampa) nei locali comunali di Badolato Marina. Pare che sia stata la prima volta in assoluto che si presentava un libro in tutta Badolato! Poi, la ristretta “pizza” (che ne è seguita in un locale di Davoli) penso sia stata omaggio della famiglia di Vincenzo e Giovanna Squillacioti, che qui ringrazio ancora e sempre anche perché mi hanno sempre accolto calorosamente in casa loro!…
E’ qui pure doveroso citare l’entusiasmo con cui è stata organizzata dall’associazione culturale “Nuova Villacanale” (negli anni novanta) la presentazione di alcuni miei libri nella piazza di Villacanale di Agnone e poi in Agnone centro la presentazione dello stesso volume “Prima del Silenzio” il sabato 21 ottobre 1995, con simpatica cena rurale curata dal prof. Giuseppe De Martino, allora presidente del Cenacolo culturale francescano “Camillo Carlomagno” di Agnone. Ringrazio tutti ancora adesso per l’onore che mi è stato dato con questi eventi sociali davvero belli.
11 – I MAGNIFICI SETTE
Caro Tito, della persona che mi ha gratificato con la frase “Dove vai tu nascono fiori” dirò in altra Lettera, pure perché merita un discorso a parte. Adesso ti voglio dire dei MAGNIFICI SETTE miei amici giornalisti che mi hanno onorato con la festa di sabato 05 novembre 2016 (cinque giorni dopo l’essere andato in pensione dal mio lavoro svolto per 25 anni negli uffici amministrativi della Asrem di Agnone). Ecco chi sono (in ordine alfabetico): Mary BUCCIERI (il Sannio e www.tiscali.it ) Sergio DI VINCENZO (Telemolise), Fabrizio FUSCO (direttore di Teleaesse), Giovanni GIACCIO (comunicazione del Caseificio Di Pasquo), Giuseppe LANESE (www.restoalsud.it), Elisabetta SCUNCIO (il Sannio e www.molisenews24.it), Adelina ZARLENGA (Primo Piano Molise). Per quanto assente giustificato, si era associato alla festa (con concorso spese per cena e doni) Vittorio LABANCA (direttore de L’Eco dell’Alto Molise – redattore del Quotidiano del Molise) ed un saluto è stato inviato pure ad Antonino PICCIANO (medico, poeta e giornlista), le cui foto riporto dopo quella di gruppo dei MAGNIFICI SETTE.
Fabrizio Fusco, il 6 novembre 2016 (il giorno dopo tale festa) ha pubblicato l’articolo “Il saluto dei giornalisti al pensionato Domenico Lanciano” (sul suo sito www.teleaesse.it di cui è direttore nella confinante cittadina abruzzese di Castel di Sangro – L’Aquila) aggiungendo le immagini di un simpatico video da lui stesso realizzato durante quella festa, svoltasi all’Osteria del Paradiso di Isernia (nei pressi della Cattedrale) nella serata del 05 novembre. Ed ecco il testo di tale articolo, che (fino al 10 luglio 2031 ore 15.03) ha ottenuto 3.152 visualizzazioni – 32 mi piace e zero commenti. Per leggerlo in originale ed anche per seguìre il breve video di 5,27 minuti (andato in onda dalla sua web-TV ) digita, per piacere, il seguente link << https://www.teleaesse.it/video/il-saluto-dei-giornalisti-al-pensionato-domenico-lanciano/ >>.
12 – L’ARTICOLO DEL 06 NOVEMBRE 2016
Home/Molise – IL SALUTO DEI GIORNALISTI AL PENSIONATO DOMENICO LANCIANO – Il giornalista calabrese, dipendente Asrem, ha lasciato il servizio all’Ospedale di Agnone lo scorso 31 ottobre.
I giornalisti molisani hanno festeggiato a Isernia il collega Domenico Lanciano, collocato in quiescenza per limiti di età, dopo aver prestato servizio presso la Asrem di Agnone. Sin da giovanissimo il calabrese “Mimmo” si è occupato di giornalismo con totale dedizione: a quindici anni, è stato il corrispondente da Badolato (CZ) de “Il Messaggero” e vice corrispondente de “Il Tempo”. Durante il periodo universitario a Roma, – negli anni settanta – ha collaborato con “Il Giornale di Calabria”, la “Tribuna del Mezzogiorno” e con “Sentiero Calabro”. Da quando è residente in Molise ha affidato i suoi contributi a Kamastra, Nuovo Molise Oggi, Il Tempo, Il Quotidiano del Molise, Le Libertà, Il Sannio, La Gazzetta del Molise, Primo Piano Molise. Da qualche anno ha fondato in Agnone l’Università delle Generazioni.
A sua insaputa, ieri sera, grazie alla complicità della moglie Bambina, gli amici lo hanno portato presso l’Osteria del Paradiso a Isernia con lo slogan “Game over … and now restart”, per esprimergli tutta la simpatia che si è conquistato in oltre 25 anni di dinamica attività in terra molisana. I colleghi, nel corso della conviviale, lo hanno omaggiato di un’originalissima targa realizzata in 3D da Mario Buccieri di Qwerty Informatica d’Isernia. Domenico, molto presto, tornerà in azione attraverso i suoi preziosi articoli che Teleaesse, puntualmente, continuerà ad ospitare. – Guarda video << https://www.youtube.com/watch?v=Xzv8i_g2jmM >> (n. 161 visualizzazioni dal 06 novembre 2016 al 10 luglio 2021).
13 – IL TESTO DEL VIDEO
FABRIZIO FUSCO – Non è stata soltanto una semplice conviviale tra giornalisti, annaffiata da buon vino e tante specialità gastronomiche. Sabato scorso all’Osteria Paradiso di Isernia, è stato festeggiato Domenico Lanciano, calabrese di Badolato, ma molisano d’adozione, impiantato in Agnone dal 1991 dove ha prestato servizio per ben 25 anni all’Azienda Sanitaria Regionale.
L’ecclettico Mimmo, sposato con la biologa (medico, ndr) Bambina Mastronardi, oltre ad avere assolto con scrupolo e professionalità le sue delicate mansioni all’interno del nosocomio agnonese, è stato ed è tutt’ora una delle penne più brillanti del panorama regionale. Rigore morale e professionalità i suoi capisaldi che gli hanno consentito di camminare a schiena dritta. Non a caso qualche anno fa è stato eletto membro del Consiglio di disciplina dell’Ordine dei Giornalisti del Molise.
SERGIO DI VINCENZO – Di Domenico apprezzerò sempre la genialità delle sue idee, perché quando facevo il giornalista, praticamente arrivavano sempre i suoi comunicati-stampa e una volta su due c’era sempre una notizia: lui riusciva a creare sempre notizie dal nulla, stando ad Agnone comunque riusciva sempre a creare delle notizie, quindi mi ha fatto lavorare tantissimo e di questo gli sarò sempre infinitamente grato, perché veramente mi ha dato una caterva di notizie.
Fino a qualche giorno fa mi arrivavano i comunicati-stampa di Mimmo Lanciano e, comunque, al di là delle battute, ha dimostrato tanto tanto amore per il nostro Molise, che non è da poco, visto che lui è calabrese. Grazie, Domenico, grazie di cuore. In bocca al lupo per la tua nuova attività, perché siamo certi che non finisce con la pensione.
GIUSEPPE LANESE
E’ una persona dalla grande cultura, una persona che ama il Molise forse molto di più di tanti molisani che vivono qui da quando sono nati.
E lui ha avuto la capacità di farci scoprire tante cose che magari nemmeno noi molisani conoscevamo… io credo che forse la grande cosa che lui è riuscito a fare con gli scritti (ma anche con i progetti dell’Università delle Generazioni) è quello di tirare fuori l’anima (come si dice adesso) “glocal” del territorio. …
cioè, quindi, scoprire delle eccellenze del territorio per proiettarle a livello nazionale ed internazionale. Quindi, grazie Mimmo e in bocca al lupo.
Ad majora!
ELISABETTA SCUNCIO – Auguro a Mimmo Lanciano di vivere questa seconda vita in maniera più energica e più felice possibile, di non dedicarsi troppo al lavoro ma più ai suoi hobbies e quindi la scrittura è uno di quelli.
Quindi in bocca al lupo e aspettiamo le tue notizie.
ADELINA ZARLENGA – Sicuramente ho apprezzato tantissimo e apprezzo ancora i comunicati di Mimmo Lanciano e tutte le notizie che quasi quotidianamente, appunto, ci invia perché comunque dà degli stimoli pure, insomma, alla società, alle persone che vivono in Alto Molise.
Quindi questa è, comunque, una cosa … è un grande valore. Continua ad inviarci le tue notizie perché comunque teniamo anche un po’ vivo il dibattito.
GIOVANNI GIACCIO – Quello che ci tenevo dire a Mimmo è che lo ringrazio perché è un vulcano di idee, è molto creativo. Ciò che mi colpisce è proprio la sua capacità di trovare degli spunti ovunque e di ispirarci e di spingerci a fare sempre meglio.
Quindi, questa è una cosa di cui gli sarò sempre grato ed è per questo che lo invito a continuare a farlo perché ogni lettura, diciamo, è un motivo, una richiesta alla società di fare qualcos’altro ma anche a noi stessi di fare di più.
MARY BUCCIERI – Davvero voglio ringraziarlo per il lavoro che ha fatto in questi anni, davvero riempiendo le nostre pagine di tantissime novità, tantissima cultura ma soprattutto di tantissima speranza anche per noi giovani giornalisti. Lui ha puntato tantissimo sulle nuove generazioni e quindi di continuare… Speriamo di poter continuare a fare, a lavorare come lui ha fatto. Noi ce la metteremo tutta.
Abbiamo voluto creare, ecco, una “hashtag” di questa serata “Restart”. Ovviamente un augurio a Mimmo, a noi, ma a tutte le persone che ci seguiranno negli anni futuri. Grazie ancora. Grazie Mimmo. “Restart” mi raccomando!…
FABRIZIO FUSCO – Io, questo signore qui, che è un pozzo di cultura, l’ho conosciuto abbastanza recentemente. E’ nato subito un “feeling”, è nata subito una collaborazione, come con tutti voi. Anche a me arrivano i suoi comunicati e per me, comunque, la storia continua e sono certo che questo passaggio, questo transito alla quiescenza sia soltanto un fatto psicologico, perché Mimmo Lanciano continuerà ad essere il giornalista di riferimento dell’Alto Molise e di tutti i telespettatori (abbiate pazienza) di Teleaesse.
MIMMO LANCIANO – Grazie ai colleghi che mi hanno portato in … Paradiso. Mi hanno veramente commosso tanto e sono stati gentilissimi a farmi questa sorpresa. Li ringrazio veramente tutti e ringrazio pure chi è assente.
FABRIZIO FUSCO – Ma … abbiamo sentito che si ricomincia, però. Restart!
MIMMO LANCIANO – Ebbé, è chiaro: un po’ di riposo e poi si ricomincia.
TUTTI – Restart ! (alzando i calici)
14 – VENERDì 16 LUGLIO A SAN NICOLA D CRISSA
Pure per restare in tema di nostri emigrati calabresi che, in netta maggioranza, si sono fatti e continuano a farsi onore nelle nuove terre di residenza, ecco confermata la data di venerdì prossimo 16 luglio 2021 ore 18.30 per l’inaugurazione in Piazza Marconi e, quindi, la conseguente apertura del MUSEO DELL’EMIGRAZIONE di San Nicola da Crissa (Vibo Valentia).
Come ti avevo accennato nella precedente Lettera n. 332, ecco coronati gli sforzi di Bruno Congiustì e collaboratori per realizzare il sogno di un MUSEO DELL’EMIGRAZIONE nel loro paese, uno dei più svuotati dall’esodo biblico (purtroppo ancora in corso). Per informazioni telefonare ai seguenti numeri: 339-4299291 (Bruno Congiustì) e 340-5716423 (Nicola Cosentino) e-mail: info@labarcunata.it – Via Martini 1.
15 – SALUTISSIMI
Caro Tito, visto che simpatici i nostri sette colleghi molisani che hanno voluto festeggiarmi così tanto generosamente?!!!… Non finirò mai di ringraziarli!!! … Infatti, non posso concludere questa Lettera n. 333 senza ringraziare tutti loro, di vero cuore, e in particolare la superlativa collega Mary Buccieri e il lodevole marito Paolo Sabetta per il loro impegno (anche in questa occasione), per la loro amicizia ed il loro affetto, pensando pure ai loro due splendidi figli. E ringrazio pure te, per questa ennesima opportunità di pubblicare i miei “RESOCONTI D’ITER” che sono un modo per fare un bilancio a voce alta della mia Wita, come sarebbe giusto ed opportuno che ognuno faccia essendo parte di una comunità e di una società.
Infatti, vorrei raccomandare a tutti, specialmente alle nuove generazioni calabresi e meridionali, di farsi onore e di farci onore al massimo possibile (sempre, ovunque e comunque!!!). Pure perché abbiamo un doppio difficile compito epocale: quello di essere comunque bravi per noi stessi e quello di contribuire ad eliminare l’ingiusta nomea che ci portiamo dietro da secoli.
Alla prossima Lettera 334, tanta cordialità e stima,
Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)