È quasi banale aggiungere elogi a un successo che può dirsi unanime per il Faustus di Ulderico Nisticò per la regia di Franco Procopio alla testa di Spazioscenico; e ha visto apprezzamenti per testo, regia, musiche, danze, recitazione, costumi, tecniche.
Siamo stati colpiti dal contenuto, che, sia pure con abile stile leggero, ha affrontato la più antica tematica dell’umanità: quella del bene e del male. Abbiamo intervistato Ulderico Nisticò.
Professore, una domanda secca: perché Faustus?
È la domanda chiave del lavoro. La leggenda medioevale del dottor Faustus è stata fonte di ispirazione per molti altri, da Marlowe a Goethe all’opera lirica al cinema. E ognuno l’ha letta secondo la sua ottica, e secondo il suo tempo. Mancava un Faustus del 2024, e Franco Procopio me l’ha chiesto.
Lei dunque si confronta con molti giganti della cultura. Non si è spaventato?
“Sesto tra cotanto senno”, dice Dante di se stesso, cioè primo vivente in quanto gli altri sono morti. No, nessun timore: ho creato un Faustus contemporaneo, capace di confrontarsi con la grande novità di questi anni, anzi di questi mesi, cioè l’intelligenza artificiale.
Ma abbiamo visto in scena non solo l’ipertecnologia, ma anche la metafisica: un angelo e un diavolo.
Nella storia, e anche nella vita di ognuno di noi, tutto alterna tra due poli: l’eterno e il contingente. I computer appartengono alla cronaca; angelo e diavolo sono l’eternità.
Siamo rimasti impressionati da una frase: C’è sempre un Faustus nell’anima umana.
Il mio Faustus è un uomo perfetto, e dagli uomini perfetti bisogni diffidare. Per superare se stesso, accetta il patto col diavolo. Si salverà, perché il diavolo non è mai vincitore, e le porte dell’Inferno non prevarranno. Intanto è soggetto alla tentazione dei sette vizi capitali, e a quella più forte per gli intellettuali: il desiderio di ogni conoscenza.
A proposito di intellettuali, lei…
Io non sono un intellettuale, ma un portatore sano di cultura: quando mi serve la porto con me, quando no la lascio a casa.
Allora, portatore sano. Lei è noto anche come studioso della Calabria: non c’è Calabria, nel Faustus?
Faustus è universale, mica regionale. Tuttavia mi sono permesso una battutaccia, che spero sia stata colta. Il vizio Accidia dice che c’è una terra bellissima, e intende la Calabria, se non fosse per l’accidia, ad casum, lasciar correre, e per il continuo “poi vediamo”, e non vediamo mai niente.
Come mai tutto questo latino?
Il latino è la lingua dell’eternità, della teologia e, come lei da avvocato ben sa, del diritto. Il diavolo, che non è mai completo, confonde òccidat con occìdat, e perde la scommessa. Gli serve dunque un corso di latino…
Con un professorone di Soverato?
Beh, chi sa ha il dovere di insegnare.
L’avventura teatrale di Faustus è finita?
Siamo pronti a qualsiasi buona occasione: ci serve solo un palcoscenico.
Rita Tulelli