Calabria: le mode degli storici della domenica


 Reduce da un convegno serio al Museo di Reggio, e di fronte a una vera folla, tornerò sull’argomento, e intanto mi viene una riflessione.

 Per interi secoli la storia calabrese è stata quasi ignorata; poi tantissimi superstiti del Liceo Classico da 6 politico, e lettori di libri assurdi, hanno fatto come i gattini maschi quando la prima volta escono di casa e si danno con le gatte alla pazza gioia, senza tante distinzioni di pelle e coda. Ed ecco che tutti sono diventati storici della Calabria.

 Storici à la page, ovvio. Vi siste accorti che è passato di moda Ulisse, nonostante gli sbarchi ad Amendolara, Copanello, Crotone, Lamezia circa, Nardodipace, Scilla, Squillace, Tiriolo… e sicuramente ne scordo qualcuno; e mi stupisco che nessun grecista di terza mano abbia sbarcato Ulisse anche a Soverato. Tali erano le fantasie galoppanti, che alla fine si sono resi conto tutto che non stavano in piedi.

 Anche Pitagora non ha più molta fortuna. Del resto, il massimo che si sa di lui sono le tabelline, e già il teorema è roba per specialisti.

 Oggi di moda va Italo, a proposito del quale si legge la qualunque, letteralmente la qualunque, nella più totale ignoranza delle fonti: Tucidide, Aristotele, Dionigi d’Alicarnasso, Apollodoro, Plinio il Vecchio… del resto, da quasi tutti mai sentiti nominare; forse Aristotele ma a sproposito.

E non parliamo del nome Italia, che, nato in quella che due millenni dopo la burocrazia imperiale chiamò Calabria, passò alla Penisola dopo le Guerre sociali, e giunse con Augusto alle Alpi: per restarci, visto che il Regno d’Italia creato da Carlo Magno per il figlio Pipino, da non confondere, confinava A SUD con le Marche; e tale anche il Regno di Napoleone.

 Qualcuno ha scoperto, con l’acqua calda e l’uovo sodo, la nascita in “Calabria” del nome Italia, e andò spacciando per sua una nozione antica quando Sofocle.

 Qualcun altro, non avendo mai letto un libro di storia romana, s’inventa una esilarante distinzione tra “italiano” e “italico”.

 Dilagano dunque le affermazioni da castelli in aria. Chi esercita un controllo? Nessuno:

– non gli STORICI ACCADEMICI, i cui testi sono di consultazione anche bene informata, però per tutto il resto illeggibili e pesanti come una piramide sullo stomaco;

– non gli ASSESSORI REGIONALI ALLA CULTURA, i quali, dal 1970 a oggi, sono di arredamento come le bambole Furga di una volta; o, se raramente parlano, come l’orologio a cucù, sempre lo stesso cucù.

 Quale sarà la prossima moda?

Ulderico Nisticò