Auguri alla scuola


 Oggi si apre la scuola in Calabria. Auguri agli insegnanti, e agli studenti. In quest’ordine, perché mi auguro che si torni velocemente alla centralità dell’insegnante, che venga messo in condizione di insegnare, con il meno possibile di pastrocchi burocratici e perdite di tempo per riunioni e altre faccende inutili.

 L’insegnante, ripeto, al singolare, ogni singolo insegnante, con la libertà d’insegnamento sancita da Gentile, bene inteso sotto precisa responsabilità morale. E invece è palese, da almeno quarant’anni, un tentativo di spersonalizzare l’insegnamento e creare un insegnante sostituibile grazie a un foglio di carta detto programmazione: cioè se il prof. X muore, il giorno dopo arriva un Y qualsiasi, e i ragazzi nemmeno se ne accorgono, tanto c’è la programmazione. Una follia, ma se ne vedono gli effetti nella scomparsa della continuità didattica, e professori sbattuti da una classe all’altra pur di coprire le ore; da una materia all’altra… Eccetera.

 Mi auguro per i miei ex colleghi una sana e rapida reazione, una controriforma che li rimetta in cattedra.

 E che in cattedra essi ci sappiano stare. Il primo compito di ogni prof è far amare la scuola e la cultura. Il nemico della cultura non è l’ignoranza, è la noia. All’ignoranza si può facilmente porre rimedio, e insegna Aristotele che πάντες οἱ ἄνθρωποι φύσει ὀρέγονται τοῦ γνῶναι: per natura tutti gli esseri umani sono portati a conoscere. Alla noia, invece, non c’è riparo. E la pedagogia degli anni passati ha fatto della noia e delpiattume un valore.

 Ai ragazzi dunque auguro di pigliarci gusto, alla scuola, con una ventata di tracotante goliardia. Per esempio, studiare l’Iliade e subito dividersi tra Greci e Troiani con scazzottate nell’intervallo: io, sempre perdente, ero Ettore. Oppure mettere il compagno antipatico all’Inferno di Dante… anche il prof. La parodia è il capolavoro della poesia; solo che per far parodia bisogna conoscere benissimo l’originale. Insomma, amare la cultura, senza però pigliarla eccessivamente sul serio.

 Ora ci chiediamo a che serve la scuola, a parte, ovviamente, la cultura come valore in sé. E qui chiamiamo in soccorso san Tommaso d’Aquino, probabilmente nostro compaesano di Belcastro:

se le mie parole non son fioche,

se la tua udienza è stata attenta,

se ciò che ho detto alla mente revoche…

 ecco la scuola: un ottimo insegnante, un’attenzione partecipe degli allievi, la memoria. La scuola deve dunque dare anche preparazione che duri per tutta la vita. La preparazione senza cultura è un’attività servile e meccanica; ma la cultura senza preparazione rischia di diventare fastidiosi diluvi di chiacchiere. Per esempio, parlare di Magna Grecia senza conoscere il greco classico, donde il cumulo di ciacole che dilaga in Calabria. Parlare di storia senza sapere chi erano Napoleone III e Cavour: mi succede ogni giorno, quando leggo i sedicenti meridionalisti.

 Alla fine, se matematica dev’essere, matematica sia; se greco, greco; se biologia, biologia…

 A proposito di greco, quand’è che l’Università di Catanzaro si deciderà ad aprire una sua facoltà di Lettere? Lettere Lettere, amici belli, non plumas y palabras el viento las lleva; o surrogati, che poi il Ministero glieli boccia. Se in Calabria si aprono facoltà di Medicina come se piovesse, perché Lettere no?

 Con tutto questo, di nuovo auguri. A tale proposito, colleghi, auguri che vi aggiornino lo stipendio.

Ulderico Nisticò