Assenze strategiche agganciate alle feste e ferie. Reintegrato e risarcito il lavoratore spesso assente per malattia a ridosso di ferie e festività


Stop al licenziamento per il dipendente definito “assenteista tattico”. Secondo la sezione lavoro del Tribunale di Napoli va reintegrato e risarcito. Non doveva essere licenziato per giusta causa il netturbino spesso assente dal lavoro per malattia. E ciò benché i giorni coperti dai certificati medici cadano sovente a ridosso di periodi di ferie o festività. L’«eccessiva morbilità», di per sé, non può integrare gli estremi dello scarso rendimento, mentre il datore non riesce provare la «preordinazione» né una «significativa fraudolenza» nella condotta del dipendente. E dunque scatta la tutela piena perché il fatto sussiste ma non risulta rilevante sul piano disciplinare.

L’azienda, tuttavia, può recedere per giustificato motivo se dimostra il grave inadempimento e l’irricevibilità della prestazione. È quanto emerge da un’ordinanza pubblicata dalla sezione lavoro del tribunale di Napoli. Accolto il ricorso proposto dal dipendente dell’azienda di igiene ambientale: torna in azienda e ottiene il risarcimento dal giorno del licenziamento illegittimo fino alla data dell’effettiva reintegra, più il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.

Al netturbino il datore imputa i gravi problemi organizzativi causati dalle continue assenze, che guarda caso coincidono di frequente con congedi accordati per ragioni diverse. In realtà il datore non può recedere dal rapporto prima che il lavoratore va oltre il limite di tollerabilità delle assenze, cioè il periodo di comporto previsto dal contratto collettivo nazionale. In caso di mancato superamento,, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, l’azienda può liberarsi del dipendente spesso assente per malattia se dimostra che il lavoratore non è più idoneo alle mansioni e risulta impossibile adibirlo ad altre funzioni.

Oppure deve documentare una grave condotta fraudolenta o negligente che integra la violazione del principio di correttezza e buona fede nello svolgimento del rapporto. Nulla del genere riesce a provare il datore nel caso di specie: il licenziamento per giusta causa è illegittimo se non si prova che l’assenza per malattia sia preordinata per beneficiare di tempi più lunghi di assenza dal lavoro. Diversa è l’ipotesi del giustificato motivo, in cui il datore deve dimostrare che le reiterate assenze del lavoratore configurano una violazione della diligente collaborazione che giustifica il licenziamento.