Al Sud il tasso di mortalità per cancro e altre malattie è superiore fino al 28 percento rispetto a quello registrato nelle regioni settentrionali; l’Italia si conferma dunque un Paese a due velocità sotto il profilo sanitario. Il significativo dato è riportato nel XV rapporto “Osservasalute 2017” dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle Regioni italiane (Università Cattolica).
Il gap tra Nord e Sud, ha spiegato il professor Alessandro Solipaca, direttore scientifico dell’ente sanitario, è legato principalmente alla prevenzione, che ha dimostrato ampia efficacia nell’abbattere le statistiche negative sui tumori. La ‘maglia nera’ per i dati peggiori spetta a Campania e Calabria, ma la differenza con le regioni settentrionali non è così marcata in tutto il Sud Italia; la ‘forchetta’ nei tassi di mortalità è infatti compresa in un intervallo tra il 5 percento e il 28 percento. Secondo Walter Ricciardi, il presidente dell’Istituto superiore di sanità (ISS) intervenuto durante la presentazione del documento, la responsabilità di questo divario è imputabile al Servizio sanitario nazionale (Ssn). “È evidente il fallimento del Servizio Sanitario Nazionale (Ssn), anche nella sua ultima versione federalista, nel ridurre le differenze di spesa e della performance fra le regioni italiane”, ha sottolineato il dirigente. “Si tratta di differenze inique perché non ‘naturali’, ma frutto di scelte politiche e gestionali”, ha aggiunto Ricciardi.
A preoccupare i medici c’è anche l’aumento della popolazione anziana. Fra dieci anni, si stima nel rapporto, in Italia ci saranno ben 6,3 milioni di anziani con problemi di autosufficienza. Fra essi 1,6 milioni di persone avranno bisogno di supporto per le attività quotidiane fondamentali come mangiare e lavarsi, mentre in 4,7 milioni richiederanno assistenza per cucinare, usare il telefono, gestire farmaci e risorse economiche, oltre che svolgere semplici attività domestiche. Numeri impressionanti che potrebbero non essere coperti da chi attualmente garantisce l’assistenza.
La proiezione è negativa anche per quanto riguarda gli stili di vita, con un aumento degli obesi e delle persone che abusano di alcolici, mentre non diminuiscono i fumatori. Anche le percentuali di chi pratica una minima attività fisica o fa sport registrano aumenti quasi impercettibili, un dato significativo, tenendo presente l’impatto della sedentarietà sulla mortalità precoce. Nonostante questi dati poco lusinghieri, in seno all’Unione Europea l’Italia resta il secondo Paese per aspettativa di vita per gli uomini (80,3 anni) e il terzo per le donne (84,9 anni).
Per quanto concerne la spesa sanitaria pubblica, nel rapporto è indicato un aumento dello 0,38% tra il 2015 e il 2016, pari a 1.845 euro pro capite. Si tratta di uno dei valori di crescita più bassi della UE. La spesa sanitaria privata si attesta invece a 588 euro. Per entrambe le voci il rapporto sottolinea ancora una volta il divario tra Nord e Sud. Per porre un freno a questo ingiustificabile gap, Ricciardi auspica un intervento rapido che passi dal “riequilibrio del riparto del Fondo Sanitario Nazionale, non basato sui bisogni teorici desumibili solo dalla struttura demografica delle Regioni, ma sui reali bisogni di salute, così come è urgente un recupero di qualità gestionale e operativa del sistema, troppo deficitarie nelle regioni del Mezzogiorno, come ampiamente evidenziato nel nuovo Rapporto Osservasalute”. (Fanpage.it)